«Serviti 400 esuberi con l'invito a cena»

Giovedì 12 Dicembre 2019
OCCHIALERIA
LONGARONE «Scriva che è una vergogna. Scriva che stiamo perdendo la storia industriale di questa provincia, quella che proprio qui sotto la diga del Vajont ebbe la spinta propulsiva grazie agli incentivi di Stato. Scriva che se oggi abbiamo perso Dior è perché un paio d'anni fa l'amministratore delegato rifiutò di accettare la proposta di fare una jont venture, quella che oggi ci avrebbe messo al riparo da questa tempesta. Eppure quell'amministratore se n'è andato con una lauta liquidazione. Scriva che qui abbiamo fatto grandi sacrifici per mandare avanti la baracca. Scriva anche che abbiamo gli stipendi più bassi del settore e che pur di resistere ci siamo messi anche a novanta gradi».
LACRIME E SANGUE
Un gruppo di dipendenti della Safilo, chiuse nel loro grembiule verde acqua e avvolte da un freddo pungente, si sfoga così all'uscita dall'assemblea avuta ieri con i sindacati. Sul tavolo il piano industriale da lacrime e sangue: in tutto il gruppo, che conta 2600 dipendenti nelle quattro sedi, salteranno 700 unità. Padova ne perderà 50 e Martignacco (Udine) chiuderà del tutto la baracca mandando via 250 persone. Si salverà solo Santa Maria di Sala, «giusto per non avere tutti contro».
PRESA PER I FONDELLI
Le operaie sono un fiume in piena, di rabbia e delusione per quei 400 esuberi che toccheranno Longarone e che, «senza un briciolo di sensibilità» sono stati serviti proprio sotto l'albero assieme all'invito alla cena di Natale.
«Quasi una presa per i fondelli - dicono con sarcasmo -. Non sappiamo ancora chi di noi 930 sarà mandato a casa, ma per solidarietà a quella cena noi non ci andremo. Venerdì siamo pronte a scioperare e poco importa se ci sono un bel po' di ordini da evadere, soprattutto nella verniciatura».
Sanno già che non tutti saranno pronti ad incrociare le braccia, perché quelli del cerchio magico sono una razza che attecchisce ovunque, dalle fabbriche agli uffici. Oltre alla rabbia, in tasca hanno anche una proposta salva-tutti: «Perché non assorbire gli esuberi riducendoci l'orario di lavoro?».
CHI RESTA E CHI VA
«Sapevamo da tempo che non c'erano buone prospettive - affermano -, ma numeri così alti non ce li aspettavamo di certo». Alla richiesta se abbiano una vaga idea di come sarà fatta la cernita, ovvero chi tenere e chi buttare, ritirano in ballo il famoso «cerchio magico», chiamato anche «casta». «Sappiano come funziona, no - si chiedono guardandosi a vicenda -. Si va a simpatie. La meritocrazia non è certo un riferimento».
Una speranza, per chi se ne andrà, potrebbe trovarsi poche decine di metri più in là, ovvero nello stabilimento della Thélios, gruppo che fa capo al colosso del lusso Lvmh, detentore dei più grandi marchi fashion del pianeta. Da gennaio 2021 produrrà per Dior, marchio che in Safilo rappresenta il 70 per cento del lavoro.
«Di là non ci vogliono - spiegano le operaie da 1200 euro al mese -, perché siamo troppo vecchie. Loro hanno detto di volere gente giovane».
Certo, meglio la gioventù, ma la professionalità dove la mettiamo?
«Ecco, la professionalità non serve - chiosano con amarezza -, quella è un accessorio del tutto inutile al giorno d'oggi. Eppure qui abbiamo dato forma ai marchi della grande moda italiana, basterà solo pensare ad Armani. Ma ormai tutto questo non conta più. Dal giorno alla notte spariscono anche i macchinari. Li portano in Cina».
Un pensiero poi va alle colleghe di Martignacco: «Le abbiamo sentite piangere. Sotto Natale è quanto di peggio possa capitare».
Lauredana Marsiglia
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