Rete del gas svenduta: bomba legale

Sabato 7 Dicembre 2019
Rete del gas svenduta: bomba legale
PRIVATIZZAZIONI
BELLUNO Non se ne andrà fuori, se non dopo essere passati da uno o più tribunali e magari anche attraverso la Corte dei conti per danno erariale. La privatizzazione della rete del gas della provincia di Belluno è seduta su una vera e propria bomba di ricorsi. Presunte irregolarità nella procedura del bando e responsabilità politiche si intrecciano freneticamente in queste ore.
La rete, del valore di almeno 75 milioni di euro, patrimonio di 59 Comuni bellunesi attraverso la partecipata Bim Infrastrutture, è stata svenduta per 15 in meno. I sindaci, riuniti nell'assemblea Atem Belluno del 22 novembre, avevano provato a fermare il treno in corsa del bando, ordinando alla stazione appaltante, rappresentata da una commissione tecnica nominata dal Comune di Belluno e presieduta dalla dirigente Maura Florida, di non aprire le buste. Ma le buste sono state comunque aperte, precisamente il 2 dicembre, in seduta pubblica, dando il via a quella che si prospetta come una lunga battaglia giudiziaria. Ma si apre anche un conflitto tra poteri interni agli enti pubblici. La domanda che attende risposta è una: perché il braccio tecnico del Comune non ha dato corso alla richiesta politica avanzata dai soci proprietari della rete, ovvero i Comuni?
LA CORSA ITALGAS
Ora, a gara chiusa, tutto si complica. Perché la società vincitrice, pare l'Italgas (ma stranamente nessuno sa ancora dirlo con certezza), di certo non mollerà l'affare. Dall'altra ci sono i sindaci, decisi a non perdere 15 milioni e a rischiare il possibile giudizio della Corte dei conti.
Il colossale scontro si consuma sul tipo di prezziario da applicare.
«Abbiamo avuto conferma - spiega Bruno Zanolla, amministratore unico di Bim Infrastrutture - che bisognava applicare quello della Camera di Commercio di Belluno-Treviso che si basa su quello in vigore per la Provincia Autonoma di Trento il cui territorio è simile al nostro. Nel bando, invece, è stato applicato quello della Regione Veneto che ha valori molto più bassi».
DANNO GRAVISSIMO
Il clima è incandescente. La Lega, con il segretario cittadino, Paolo Luciani, annuncia un ordine del giorno per chiedere la testa del sindaco di Belluno, Jacopo Massaro. Insorgono anche i consiglieri di minoranza, Raffaele Addamiano, Paolo Gamba, Roberta Olivotto, Bruno Longo, Gianni Serragiotto, Francesco Pingitore, Franco Roccon, Luciano Da Pian, Andrea Stella e Maria Filippin. Chiedono un consiglio comunale urgente. «Il sindaco deve spiegare cos'è accaduto in merito alla grave questione del bando. Si paventa un danno per tutta la provincia a causa della svendita ad un privato del patrimonio pubblico. Riteniamo altamente probabile - proseguono i consiglieri - che nella vicenda si possa evidenziare una grave errore di valutazione del Comune di Belluno che potrebbe tradursi in un danno erariale che darebbe a sua volta il via a una serie di richieste di danno da parte dei Comuni nei confronti del Comune capoluogo».
Infine invitano Massaro, che ieri dava conto della sua posizione «inattaccabile» rispetto ad una competenza esclusivamente «tecnica» (quella della Commissione), di non fare il Ponzio Pilato. «Il primo cittadino - scrivono ancora - non può continuare ad addossare le colpe agli altri della sua fallimentare politica e della sua incapace gestione degli organismi tecnici del Comune, peraltro da egli stesso nominati».
LA FORZA DEI DIRIGENTI
Più clementi con Massaro, i colleghi di Falcade, Michele Costa, e di Santa Giustina, Ivan Minella.
«Massaro non ha colpe - afferma Minella -. Noi siamo arrabbiati con le strutture tecniche che hanno agito contro il volere dei sindaci. Le buste non andavano aperte, perché ora è difficile tornare indietro. Se c'era anche solo l'ombra di un'irregolarità nel bando dovevamo intervenire in autotutela, sospendendo l'iter. Andremo avanti in tutti i modi». Stessa linea per Costa: «Evidentemente, abbiamo la prova che i dirigenti fanno quello che vogliono. Mai mi sarei aspettato una cosa del genere. Non ci fermeremo».
Lauredana Marsiglia
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