«Nessuna violenza, volevo proteggere il bimbo»

Martedì 23 Gennaio 2018
«Nessuna violenza, volevo proteggere il bimbo»
IL PROCESSO
BELLUNO «Non gli ho messo le mani addosso e nemmeno un ginocchio sul costato, così come non l'ho preso per le orecchie. L'avevo solo trattenuto per il bavero della giacca per fermarlo prima che uscisse in strada e succedesse qualcosa. Lui tentò di divincolarsi e cademmo a terra. Mi misi sopra di lui, a ponte, solo per bloccarlo. Era un bambino con gravi psicopatologie e andava sempre controllato a vista. Era sotto la nostra responsabilità. E quel giorno, più volte, aveva manifestato la volontà di andarsene. Era in un periodo più difficile del solito. Sapemmo solo a posteriori che gli erano state dimezzate le dosi di psicofarmaci».
La maestra elementare di una scuola di Belluno accusata di abuso di mezzi di correzione e lesioni, O.G., 58 anni, ieri ha reso la sua versione dei fatti prendendo le distanze dai pesanti addebiti rovesciati su di lei da un genitore-carabiniere che quel giorno, vedendo la scena, le intimò subito di smetterla e lasciar andare il piccolo, all'epoca di 10 anni.
«A quel punto - ha spiegato la maestra -, di fronte all'ordine di un pubblico ufficiale, l'ho lasciato andare. Non capisco però perché mi accusi di averlo tenuto a terra con un ginocchio sul costato. Forse non era in buona fede». L'imputata, difesa dagli avvocati Monica Barzon e Mauro Gasperin, ieri, davanti al giudice Angela Feletto, ha parlato per oltre un'ora, ricostruendo nel dettaglio e senza tentennamenti l'episodio di quel 5 febbraio 2016. Contro di lei si è costituita parte civile la madre del piccolo, assistita dall'avvocato Giuseppe Triolo. Tutto ruota attorno ad un handicap del bimbo, afflitto da grave deficit di cognitivo, iperattività, disturbi del comportamento con atteggiamenti violenti e provocatori. «Era pericoloso per se stesso e per gli altri» ha aggiunto la maestra.
«Quel giorno - ha proseguito l'imputata - aveva dato in escandescenze dopo che non venne scelto per un gioco in palestra. Prese dei birilli in plastica e cominciò a lanciarli. Cercai di calmarlo, ma non ne volle sapere dicendo non me ne frega un c.... me ne vado. A quel punto feci uscire gli altri ragazzi nel timore che qualcuno si facesse male. Anche la sua maestra di sostegno (ne aveva due, ndr) non sapeva più che fare, così - ha proseguito l'imputata - decisi di intervenire personalmente, avendo più esperienza. Avrei anche potuto non farlo».
Il clou di una gestione difficile si svolse nel corridoio. Stava per suonare la campanella di fine giornata e il piccolo, con sulle spalle un grosso zaino, stava già armeggiando sul maniglione per scappare via. La maestra, come ha raccontato ieri, si mise di lato e al primo drin lo bloccò prendendolo per l'unico lato della giacca non coperto dalla zaino. Poi con il corpo lo spinse verso l'interno. Qui le rimostranze del ragazzino e poi la caduta, con la docente che si piazzò sopra di lui per tentare di calmarlo ed evitare che scappasse. «Era una manovra che avevo visto fare - ha spiegato la donna - per bloccare una persona in sicurezza». La difesa, infatti, la chiama «azione di contenimento» Si torna in aula il primo febbraio per sentire anche Susanna Negrin, la dottoressa che l'aveva in cura e che ieri era ingiustificatamente assente, beccandosi una multa.
Lauredana Marsiglia
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