«La mia mano scarnificata dal carrello» «Quell'incidente che mi tolse le gambe»

Lunedì 14 Ottobre 2019
«La mia mano scarnificata dal carrello» «Quell'incidente che mi tolse le gambe»
I RACCONTI
BELLUNO Possono essere passati venti, anche trent'anni, ma la data precisa non si dimentica. È impressa indelebilmente nella mente, scolpita insieme al dolore e alla mutilazione di quel giorno. Le storie delle vittime di incidenti sul lavoro, in fondo, si assomigliano. Parlano di dolore, di battaglie per i diritti e alla fine di rinascita. Perchè per chi ce la fa, spesso, la forza di volontà è la prima spinta ad alzarsi dal letto e a riprendere le fila della vita.
QUEL GIORNO IN FILATURA
Per A.F., settant'anni di Feltre, la vita subì una battuta d'arresto il 19 aprile del 1996. «Era il 19 aprile 1996 ricorda la donna -. Mi trovavo come tutti i giorni al lavoro, in una filatura». Trainava un carrello, A., sopra c'erano 90 bobine da 34 chili l'una. Uno sforzo come tanti altri compiuti nelle otto ore di lavoro in filatura, ma quel giorno il carrello era quello difettato, le ruote non scorrevano bene e ad un tratto è calato il buio. «Lo trainavo ma non c'erano le solite fessure dove inserire le mani e già questo creava disagio ricorda -, ma il tutto è precipitato quando una buca ha fatto sbilanciare a destra il cassone. Mi sono trovata il peso sulla parte destra del corpo e la mia mano è finita schiacciata contro una porta a livello della serratura, quando ho tirato per estrarla c'erano solo le ossa». Bianche, senza sangue. Una mano scarnificata in un giorno qualunque di una settimana qualunque all'interno del luogo di lavoro. Da lì la corsa in ospedale e 68 mesi di terapie. «Per mesi sono rimasta paralizzata a metà racconta ancora -, avevo dolori molto forti e non potevo prendere antidolorifici perchè ne sono allergica. Dovevo accontentarmi di poche gocce di Novalgina. Oggi non ho la sensibilità alla mano nè forza e la schiena mi fa male. L'azienda mi ha fatto causa, io l'ho fatta a mia volta e l'ho vinta. Sono uscita da questo incubo con la forza di volontà, non mi sono mai arresa».
IL SINISTRO MORTALE
Anche a Roberto Zannantonio Vena, di Comelico Superiore, la speranza di riprendere la propria vita non è mai venuta meno. «La forza di volontà è lo strumento principale e più importante per uscire da traumi come il mio spiega -. Dopo il coma e la riabilitazione sono tornato alla mia vita di prima ed è stato come rinascere. Il prossimo anno mi sposo, due anni fa ho incontrato la mia compagna in un bar a Dosoledo, Maria Luisa, e non avrei potuto essere più fortunato». Erano le 9 del 3 marzo 2008. A bordo di un autotreno da 16 metri carico di scatoloni di biscotti, Zannantonio stava attraversando Nove Case in provincia di Bressanone diretto verso l'autostrada. Arrivava dall'Austria. In curva un'auto l'ha superato proprio mentre un'altra arrivava dalla corsia opposta. Accortosi del mezzo l'automobilista si è avvicinato all'autotreno che ha sterzato per evitare l'impatto ma ha comunque travolto entrambe le auto. Un morto e un mese e mezzo di coma per Zannantonio, all'epoca trentaseienne. «Non ricordo nulla di quello schianto, mi hanno raccontato la ricostruzione gli agenti spiega -. Sono stato in coma a Bolzano e poi mi hanno trasportato a Verona per l'intervento alle gambe. Ho dovuto imparare di nuovo a camminare. Lavoravo per la Bodner di San Candido, è stato un incidente sul lavoro ma la ditta naturalmente non aveva alcuna colpa. Anzi, mi sono sempre stati vicini e hanno aiutato me e mia madre in tutti i modi. Oggi zoppico e non riesco a stare in piedi a lungo, perdo l'equilibrio, ma non importa, sono felice». (atr)
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