L'INTERVISTA
BELLUNO Da zero a cento nel giro di pochi giorni. Da nessuna tessera

Lunedì 19 Febbraio 2018
L'INTERVISTA BELLUNO Da zero a cento nel giro di pochi giorni. Da nessuna tessera
L'INTERVISTA
BELLUNO Da zero a cento nel giro di pochi giorni. Da nessuna tessera di partito a candidato alla Camera nell'uninominale. Si direbbe quasi folgorato. Ma non sulla via di Damasco. Bensì sulla via del Movimento 5 Stelle. Rocco Bianco, 50 anni, avvocato, che ha scelto di vivere e lavorare tra le Dolomiti, a Pieve di Cadore, è il classico esempio della cosiddetta società civile che si mette a disposizione. «Non ho mai fatto politica attiva - ammette il candidato bellunese -. Non sono mai stato neppure un attivista del Movimento 5 Stelle. Diciamo che sono un simpatizzante».
Come è nata la sua candidatura?
«Dal fascino della partecipazione dal basso che ha un movimento programmatico come il Movimento 5 Stelle, in cui ognuno porta le sue idee, senza legarle a particolari ideologie».
Quindi si è messo a disposizione?
«Attorno alla metà di gennaio si poteva inviare il curriculum on line, nella piattaforma del Movimento. Io ho compilato il modulo e l'ho inviato. E sono stato contattato per sottoscrivere la mia candidatura. Sono rimasto piacevolmente sorpreso da questa apertura alla società civile e alle competenze. Sono stato candidato come tecnico».
Il suo curriculum parla da solo: laurea in giurisprudenza con lode e menzione d'onore, già Vice Procuratore Onorario presso la Procura della Repubblica della Pretura di Torino, socio fondatore di Avocats sans frontièresItalia, già responsabile del Servizio Legale e Affari Societari di una importante banca d'affari, abilitazione all'esercizio della professione legale anche nel Regno Unito... Le manca solo un pizzico di esperienza politica.
«Credo di poter portare comunque la mia esperienza personale in questa sfida. Per combattere il dilettantismo della politica serve il contributo di tutti e servono le competenze di tutti. È questo che mi affascina del Movimento 5 Stelle: la possibilità di discutere di temi e problemi. La piattaforma Rousseau è un grande motore di discussione, fondamentale per arrivare alla soluzione dei problemi».
Ma l'inesperienza è quello che gli altri partiti vi rinfacciano spesso.
«Abbiamo avuto grandi esempi di esperti della politica che hanno pensato più all'autoreferenzialità che al bene del Paese».
Come vede le polemiche sul M5s che stanno caratterizzando la campagna elettorale?
«Il Movimento è in evoluzione. Ma rimane sempre un movimento programmatico. Non vedo altre forze politiche in grado di basarsi sulla programmazione».
Programmi, dunque. Quale quello per il Bellunese?
«Il problema della nostra provincia è lo spopolamento. Quindi bisogna partire dalla cura, se così si può dire, alla demografia».
Un problema di montuosità?
«Non direi. I dati delle due province autonome a noi vicine parlano di una demografia in espansione. Il problema è che i provvedimenti presi per la montagna troppo spesso sono basati su percezioni che arrivano dalla pianura e che non rispondono alle reali esigenze dei nostri territori».
Quindi sta dicendo che la soluzione è l'autonomia?
«Sì, ma bisogna spingere anche sulla detassazione e sugli incentivi a chi vive in montagna e lavora in montagna. Dobbiamo cogliere quanto di positivo riescono a fare Trento e Bolzano. È giusto che le tasse rimangano dove vengono prodotte, a favore di famiglie e aziende. Poi bisogna puntare anche a tenere i servizi in montagna, in modo da far vivere dignitosamente i bellunesi nella loro magnifica terra».
Lei ha scelto di vivere in montagna, a Pieve di Cadore. Con uno sguardo asettico, da autoctono, quali sono i servizi essenziali per poter vivere in montagna?
«Parte tutto dal diritto alla mobilità. Che deve essere rapida ed efficace. Noi pensiamo al treno delle Dolomiti con uno sbocco a Nord, ma anche con un collegamento rapido a Sud. Pensare di raggiungere la pianura in un'ora di treno significa che un professionista può tranquillamente vivere in Cadore e andare a lavorare a Conegliano. Sono tempistiche da grande città, che diventano importantissime anche per lo sviluppo turistico. Poi è ovvio che tra i servizi da tutelare assolutamente c'è quello della sanità. Gli abitanti della montagna devono avere le stesse possibilità della pianura».
Sull'ospedale di Pieve e sulla difesa del lago di Centro Cadore lei ha dato una mano ai sindaci.
«È una battaglia che dobbiamo continuare a portare avanti. È doveroso tutelare i diritti di chi vuole continuare a vivere e lavorare in provincia di Belluno, specialmente nella parte alta. L'alto Bellunese può diventare un laboratorio nazionale per le aree interne e per la lotta allo spopolamento».
Questo il suo impegno?
«Certo. Come diceva Einaudi, bisogna conoscere per deliberare. Io ho la fortuna di aver conosciuto certe tematiche, perché le ho toccate con mano».
Damiano Tormen
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