Il mito Deep Purple in Veneto con Marton

Domenica 3 Aprile 2016
Sentirsi «vivi». Sul palco come nella vita. «Dopotutto è lo stesso per chi scala una montagna. Continui a farlo nonostante tutto perché ti fa sentire vivo. Per me è così sul palco. I feel alive. Provo la stessa sensazione della prima volta che mi sono esibito ad una festa di Natale per la scuola più di cinquant'anni fa». Lo afferma così, quasi con un filo di emozione, Roger Glover, lo storico bassista della rock band inglese dei Deep Purple, uno che di concerti ne ha fatti a centinaia, in tutto il mondo. È lui a rispondere direttamente al telefono della sua casa persa in qualche angolo di Europa, della musica in sottofondo che subito il musicista spegne prima di iniziare a parlare con la semplicità che solo gli autentici musicisti conservano. «Quando sei sul palco senti ogni cosa, vedi trascorrere ogni secondo come fosse in slow motion. Sei lì, non importa davanti a quante persone, e continui a suonare».
Glover arriverà in Veneto per una data esclusiva con il chitarrista trevigiano Tolo Marton, domenica 17 aprile alle 18 al Cinema teatro Italia di Dolo. Un vero evento prima della tournèe estiva dei Deep Purple. «Avevo già sentito parlare di lui, ma non lo avevo mai incontrato. Poi qualche anno fa ci siamo esibiti insieme. Canzoni mie, sue, di Jimi Hendrix. Tolo è davvero un "nice guy", con un gusto straordinario per la musica» dice Glover. Che prima, però, sarà al Barclays center di Brooklyn, New York, per entrare ufficialmente con i Deep Purple nella Rock and Roll Hall of Fame.
È vero che in un'intervista anni fa ha detto che non le interessava più di tanto essere o non essere nella Hall of Fame?
«Sì, l'ho detto. E lo penso anche oggi. Siamo stati ignorati per vent'anni, ma non ci sentiamo offesi. Non ce ne siamo curati per nulla. Poi la famiglia e i fan ti dicono: ma perché altri sì e voi no? È un onore, certo. Allora ok, prenderò il basso e suonerò qualcosa».
E sappiamo tutti che quel «qualcosa» lascerà il segno. Come il ventesimo album? Come sta procedendo la produzione?
«Abbiamo registrato a Nashville a febbraio le tracce, ancora allo stato di bozza. Qualche settimana fa abbiamo scritto i testi. E a fine aprile registreremo le voci. Credo, ma questo è solo un mio pensiero, che per la fine dell'anno lo avremo Alcuni pezzi mi colpiscono proprio. Sono "molto" Deep Purple. Credo siano la naturale progressione del nostro percorso musicale».
Cosa ha fatto andare avanti i Deep Purple dagli anni Sessanta a oggi, con così tanti cambiamenti?
«Lo spirito della band. Anzi, lo spirito 'rock' della band. Il rock è qualcosa che lascia il segno. E, poi, visto che proviamo ancora un forte sentimento, perché dovremmo fermarci?»
Nel passato però si faceva musica in modo diverso. Sentite che le nuove tecnologie hanno cambiato qualcosa?
«Forse per il pop, ma non per la nostra musica. La musica è emozione. È quello a cui sono interessato. Provare qualcosa quando ascolto la musica. Anzi, sono convinto che più si cambia più in realtà si rimane uguali. Ti accorgi che le rock band di oggi producono musica come lo facevamo noi negli anni Sessanta».
Produrre musica è del resto l'altra sua passione. Produrrebbe un musicista uscito da uno dei numerosi talent show?
«No. In televisione è un mondo diverso. Quello è intrattenimento. Io considero la musica come espressione di me stesso».
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