IL DISCORSO
BELLUNO «Sentire parlare di desertificazione dell'Africa e di

Mercoledì 13 Marzo 2019
IL DISCORSO
BELLUNO «Sentire parlare di desertificazione dell'Africa e di tifoni dei Caraibi o dell'Asia, non è più una realtà remota che non ci riguarda. L'evento di fine ottobre ci costringe a fare i conti con una realtà di vita quotidiana. Bisogna prendere atto che serve maggiore comprensione dei fenomeni in atto. Ed è da Belluno che porgiamo oggi questa riflessione, affinché la montagna diventi, assieme a tutte le aree interne, la grande questione nazionale».
ANTICA SAGGEZZA
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, arrivato alle 12.04 al teatro comunale di Belluno, reduce dalla visita al cimitero del Vajont e da un giro in elicottero sulle aree colpite dalla tempesta Vaia del 2829 ottobre, è entrato a gamba tesa nel problema planetario dei cambiamenti climatici e, dentro a questo, la necessità di tutelare i territori più fragili, minacciati anche dall'abbandono dell'uomo. Nella civiltà montana Mattarella vede una garanzia di equilibrio tra necessità antropiche ed esigenze della natura, passaggio ritenuto essenziale per abbinare con efficacia «innovazione e saggezza antica».
«Il rilancio di un politica della montagna e delle sue popolazione - ha proseguito il Capo dello Stato - va non soltanto nella direzione dell'eguaglianza tra cittadini della Repubblica, ma rappresenta una sfida per il recupero pieno di aree abbandonate o sotto utilizzate, preziose per la crescita del nostro paese. Ma c'è ancora molta strada da fare».
LA PLATEA
Mattarella, giunto a Belluno proprio per ricordare il disastro provocato da Vaia, era atteso da una platea di sindaci e di rappresentanti dei gruppi di Protezione civile che si sono prodigati prima e dopo il disastro di fine ottobre. Calorosi gli applausi riservatigli. La sua entrata in teatro è stata preceduta dal sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, dal presidente della Provincia, Roberto Padrin, e dal governatore del Veneto Luca Zaia. In prima fila anche il prefetto di Belluno, Francesco Esposito e il vescovo Renato Marangoni, oltre a tutte le rappresentanze delle forze dell'ordine, protagoniste con i volontari di un'operazione gigantesca nei giorni della grande emergenza.
ESEMPIO VIRTUOSO
Prima del suo intervento, sono scivolate le immagini della devastazione che hanno riepilogato un disastro di portata superiore all'alluvione del 1966, ma anche quella di una rapida rinascita fatta di laboriosità e tenacia. Centrale, rispetto agli eventi, è stata ritenuta la rapidità nell'attivare tutte le misure preventive, al fine di evitare il peggio. La previsioni meteo sono state ascoltate dai centri decisionali, mettendo al sicuro i cittadini. Cosa che non avvenne nel Vajont. Perché tutti sapevano che sarebbe scesa la frana, ma nessuno si prese la responsabilità di far evacuare i paesi.
«Qui in Veneto - ha proseguito il presidente - abbiamo avuto un esempio altamente positivo di come l'attivazione della rete di protezione civile in via preventiva abbia saputo mitigare le conseguenze del disastro sulle persone. È la conferma di come questo modello di collaborazione tra Regione, Prefettura e forze di Volontariato sia funzionale soprattutto in chiave di prevenzione».
LA SPERANZA
Nel quadro di un intero pianeta ad un passo dal «disastro globale», Mattarella ha però voluto chiudere il suo intervento con messaggio di speranza: «È bene ricordare che la prima Guerra mondiale produsse disastri immani nel Triveneto, anche sul piano ambientale. Con impegno misero radici foreste importanti, diventate oggi boschi della memoria. Sono certo che dalle terre alte arriverà un esempio di grande valore per tuta la nostra comunità nazionale, frutto del patrimonio di civiltà accumulato nei secoli dalle genti di montagna».
E, infine, «a queste genti di montagna», Mattarella ha voluto lanciare un «cordialissimo saluto e un grande augurio», messo nelle mani dei sindaci affinché giri la sua vicinanza a tutti i bellunesi.
Lauredana Marsiglia
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