DAL TRIBUNALE
BELLUNO «Mi hanno detto che Agata Maria era stata trasferita

Sabato 18 Maggio 2019
DAL TRIBUNALE
BELLUNO «Mi hanno detto che Agata Maria era stata trasferita a Treviso per una terapia di 72 ore per salvaguardare le funzioni cerebrali. Ma la mia bambina non è neppure sopravvissuta a quelle 72 ore». E' stata una deposizione molto sofferta, a tratti interrotta dalle lacrime, quella della mamma della bambina morta poco dopo essere stata data alla luce il 27 luglio del 2016 a Oderzo, nel trevigiano. Un parto travagliato in cui, secondo l'accusa dei genitori, i sanitari si sarebbero pervicacemente rifiutati di intervenire con il taglio cesareo malgrado le circostanze. Per quei fatti la Procura della Repubblica di Treviso ha mandato alla sbarra con l'accusa di omicidio colposo la dottoressa Maria Grazia De Vita, il ginecologo dell'ospedale di Oderzo che aveva seguito il travaglio della mamma di Agata Maria, a sua volta medico ortopedico che al tempo dei fatti lavorava all'ospedale di Cortina. Secondo le indagini a causare il decesso della neonata, morta per mancanza di ossigeno, sarebbero stati i tempi durante i quali, invece che intervenire per il cesareo, i sanitari avrebbero cercato di indurre un parto naturale pur in presenza del distacco della placenta, l'assenza di contrazioni e la sofferenza fetale. 40 minuti di tentativi con la ventosa ostetrica e con la manovra di Kristeller. «Stavo male dal pomeriggio - racconta la donna, che con il marito si è costituita parte civile nel processo iniziato ieri, assistita dall'avvocato Giuseppe Triolo del Foro di Belluno - e ho chiesto più volte di fare il cesareo, ma la dottoressa De Vita mi ha detto che andava tutto bene». «Niente di quello che è successo dall'inizio del travaglio - aggiunge - mi è sembrato andare per il verso giusto. Prima mi hanno mandato a casa dicendomi che avevo false contrazioni, poi mi hanno ricoverato facendomi dei trattamenti con l'epidurale per i dolori. Ma il male ad un certo punto si è trasferito dalla parte bassa allo stomaco. Un dolore forte e continuo che la dottoressa De Vita aveva diagnosticato come un problema di reflusso da gastrite». Ma si sarebbe invece trattato del segnale del distacco della placenta. Davanti al giudice, durante la deposizione, la donna ripercorre i momenti più drammatici. «Alle dieci e venti di sera, me lo ricordo perché ho fissato l'orologio, hanno iniziato le manovre con la ventosa. Ho chiesto ancora il cesareo ma la dottoressa De Vita mi ha detto che si poteva andare avanti con il parto naturale. Sono stati 40 minuti terrificanti, ho cominciato a perdere sangue e solo a quel punto mi hanno portato in sala operatoria». Ma la placenta si è già staccata. Una condanna a morte per la piccola Agata Maria. L'accertamento tecnico irripetibile condotto dal patologo Antonello Cirnelli dirà che per prendere una decisione e far nascere la bambina in quelle condizioni sarebbe dovuti passare non più di 9 minuti. Invece trascorre più di un'ora. E la neonata non sopravviverà oltre un giorno.
Denis Barea
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