Adescava sui social fingendosi ragazza

Martedì 12 Dicembre 2017
Adescava sui social fingendosi ragazza
L'INCHIESTA
Sono ancora più agghiaccianti le accuse che hanno condotto in carcere, per la seconda volta in due settimane, il 26enne pedofilo della Valbelluna. La prima ordinanza di custodia cautelare era scattata lunedì 27 novembre: l'uomo, di origine straniera residente in provincia, finì in cella con l'accusa di aver violentato un 14enne. Nulla sembrava poter essere più grave. E invece dai pochi particolari emersi sulla nuova ordinanza scattata venerdì 8 dicembre il quadro si fa ancora più terribile.
LE NUOVE ACCUSE
La nuova inchiesta è coordinata dalla Procura distrettuale di Venezia: è sua la competenza in casi di immagini pedopornografiche, che è una delle nuove contestazioni. Le vittime sono tre minorenni, giovanissimi. Le accuse sono violenza sessuale, tentata violenza sessuale e detenzione di immagini pedopornografiche. E proprio l'alta pericolosità del giovane ha fatto scattare l'ordinanza di custodia cautelare del gip Veneziano, eseguita venerdì pomeriggio dai carabinieri della Compagnia di Feltre.
IL MODUS OPERANDI
Il 26enne, secondo quanto è stato ricostruito dalla Procura di Venezia, avrebbe contattato e fatto cadere in trappola le sue giovani vittime tramite Facebook. Le avrebbe adescate tramite un falso profilo in cui si presentava come una ragazza. Nel profilo della finta ragazzina, si presentava con foto osè, molto ammiccanti, anche nudi, attirando inevitabilmente la curiosità dei coetanei. La finta lei poi attirava i ragazzini in chat e chiedeva loro di inviare foto hard. «Dai fammi vedere come sei, io ti ho girato la mia foto ora fallo tu». E così i minorenni, attratti dalla ragazzina, cedevano girando le foto e i video hard. È lì però che scattava il ricatto: «Se non mi giri altri video vedrai che succede».
LE MINACCE
Non si conosce esattamente il modo con cui ricattava i ragazzini, ma si può presumere che minacciasse di dire in giro quello che era successo o di diffondere i video hard dei minori agli amici. Nella prima inchiesta, quella che coordina la Procura di Belluno, avrebbe costretto il minore a due rapporti orali con la minaccia di una pistola scacciacani. «Mi ha mostrato la pistola che portava nella cinta e teneva sul lato posteriore e mi ha detto che se non lo facevo l'avrebbe usata», ha raccontato il ragazzino. L'indagato nel suo interrogatorio di garanzia, in cui era assistito dall'avvocato di fiducia Pierluigi Cesa, ha negato di aver mai minacciato alcuno. Ha confermato i due rapporti sessuali avuti con il ragazzino, in due momenti diversi a distanza di tempo, ma ha negato che ci sia mai stata una forma di minaccia.
LA MALATTIA
La difesa, affidata all'avvocato Cesa, ha presentato una serie di documenti medici che hanno confermato una patologia psichica del 26enne pedofilo. Un disagio talmente grave, confermato anche da documentazione redatta in carcere, e che convinse martedì 5 dicembre il gip Vincenzo Sgubbi a scarcerare il ragazzo. Il giudice ha concesso i domiciliari, per la prima accusa, con divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con alcuno. Ma il ritorno a casa è durato solo 3 giorni: venerdì 8 dicembre le nuove manette.
L'INTERROGATORIO
Stamane il gip Vincenzo Sgubbi andrà, per la seconda volta, a Baldenich, per l'interrogatorio per rogatoria che condurrà per il collega veneziano. Il 26enne l'altra volta ha parlato: potrebbe decidere di fare la stessa cosa oggi, oppure avvalersi della facoltà di non rispondere. Con grande probabilità la difesa potrebbe però decidere di riproporre la documentazione medica.
Olivia Bonetti
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