Zingaretti ai 5Stelle: diventiamo alleanza E grazia la Raggi: non si deve dimettere

Sabato 12 Ottobre 2019
IL CASO
ROMA Il segretario del Pd Nicola Zingaretti rompe gli indugi e propone al Movimento 5 stelle qualcosa di più di un accordo come quello che regge il governo: mette sul tavolo un'alleanza vera e propria, anche a livello locale. «Il Pd e il M5s insieme rappresentano oltre il 40% dell'elettorato italiano, se allarghiamo anche agli altri alleati abbiamo un'alleanza che sta intorno al 47-48%», ha detto ieri durante la trasmissione di La7 Otto e mezzo. Anche con Renzi? «Per quanto mi riguarda ovviamente sì, poi va chiesto a lui. Vogliamo provare a farla diventare un'alleanza? Io dico di sì, sennò torna Salvini».
Ma quale prezzo è disposto a pagare il Pd per convincere i cinquestelle? Ad esempio, potremme mettere in discussione alcuni candidati alle prossime regionali come ad esempio l'emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini? ««No - frena Zingaretti -, in Emilia c'è un bravissimo presidente e un ottimo bilancio di quella amministrazione». Ma se da un lato chiude, dall'altro apre: «La sindaca di Roma Virginia Raggi non dovrebbe dimettersi - dice a sorpresa, visti gli attacchi pesantissimi degli ultimi due anni -. Dovrebbe affrontare con più decisione e collegialità temi per troppo tempo irrisolti. Ho passato più tempo ad occuparmi dei rifiuti di Roma - dice il segretario Dem ricordando anche il suo ruolo di Governatore del Lazio - di chiunque altro prima nella storia, dando una mano non tanto alla Raggi quanto soprattutto ai cittadini romani».
I paletti per l'alleanza comunque non sembrano molti. Sulla giustizia, per esempio, dove in teoria le distanze tra Pd e M5s sono ancora ampie, Zingaretti spiega che per fermare «la prescrizione dopo il primo grado di giudizio abbiamo aperto ieri un tavolo di confronto per arrivare a un compromesso. Abbiamo sempre detto lavoriamo sulla riduzione dei tempi dei processi e vediamo gli effetti, poi affrontiamo il tema della prescrizione. È positivo che il ministro Bonafede abbia aperto a un dialogo».
Un'apertura, quella di Zingaretti, che è anche figlia della situazione in Umbria, dove a un mese dal voto il vantaggio nei sondaggi della candidata di centrodestra è consistente: «Aspettiamo di vedere come va a finire in Umbria», dicono gli ambienti vicini al segretario del Pd. Il Nazareno ormai punta a «un nuovo centrosinistra con i grillini». Costi che quel costi. Nel dubbio, Zingaretti nel Lazio ha lasciato in caldo due posti in giunta per i grillini (purché siano tecnici d'area e non politici), tentati anche dalla presidenza del consiglio regionale per la quale c'è però il «niente del Pd».
Ma tutto è congelato per una serie di subordinate non da poco. In mezzo ci sarebbe anche l'ennesima mozione di sfiducia che la Lega dice di volere presentare per «mandare a casa Zinga». Ma nei giorni scorsi Enrico Cavallari dalla Lega laziale è entrato, armi e bagagli, in maggioranza con il centrosinistra. E quindi, pallottoliere alla mano, qualora la mozione finisse ai voti non passerebbe perché il match finirebbe (minimo) 26-25 per il governatore.
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