Veneto, per tornare al lavoro un patentino di immunità

Mercoledì 1 Aprile 2020
LA NOVITÀ
VENEZIA Non è lo stecchino inserito in gola e nel naso. Non è neanche la puntura di spillo su un dito. È un vero e proprio prelievo del sangue, un esame che appena usciremo da questo incubo potrà costituire il lasciapassare per il ritorno alla normalità. Ossia: se l'esame sierologico dice che ho gli anticorpi e che sono immune, allora posso tornare a vivere, a lavorare, ad andare in giro, senza neanche più il timore di essere un untore perché non contagerò nessuno. E poco importa che l'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, abbia detto che i test sierologici sono ancora troppo poco affidabili: la Regione Veneto ha deciso di andare avanti, tanto più che ha arruolato due fuoriclasse universitari, i professori Mario Plebani e Giuseppe Lippi. Del resto, anche la politica dei tamponi a suo tempo era ritenuta inutile. E anche le mascherine erano considerate irrilevanti. Del resto, non dicevano qualche mese fa che il coronavirus era una semplice influenza?
IL PATENTINO
È da un mese, ha detto il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, che si sta lavorando su questo progetto degli esami sierologici. Ed a questo che Zaia si riferiva l'altro giorno quando ha parlato del patentino per tornare a lavoro. Gli esami saranno fatti prima di tutto ai 54mila dipendenti del sistema sanitario ospedaliero, quindi alle case di riposo e solo successivamente esteso alla popolazione veneta. Va detto che ci sono aziende pronte a pagare l'esame pur di verificare se il proprio personale può tornare al lavoro. E anche di questo il governatore ha parlato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Mi ha chiamato l'altra sera, abbiamo fatto al telefono una lunga conversazione, ha voluto sapere come va in Veneto».
Va che, come ha sottolineato anche ieri il governatore, «i veneti sono bravi, soprattutto i giovani che continuo a ringraziare perché osservano le prescrizioni», come peraltro risulta da una analisi della Tim sugli spostamenti intraregionali fatta attraverso i movimenti registrati dalle celle telefoniche: nella settimana tra il 23 e il 29 marzo c'è stato un calo negli spostamenti del 51,35%. Significa che un veneto su due non è uscito dalla regione.
LO STUDIO
Per quanto riguarda il progetto per la diagnosi sierologica, si tratta di una nuova sperimentazione messa a punto dal professor Mario Plebani, del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell'Azienda ospedaliera di Padova e dal professor Giuseppe Lippi, dell'Unità Operativa lomplessa Laboratorio Analisi dell'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona. «Per noi in Veneto il test sierologico è l'ultima frontiera - ha detto Zaia- Eravamo conosciuti come quelli dei tamponi (ne abbiamo fatti 105.000), poi per i test con i kit rapidi, e adesso avremo questa ulteriore evoluzione, più probante scientificamente, con la validazione delle Università di Padova e Verona. Sostanzialmente la nostra idea è quella di dare una sorta di patente di immunità a coloro che vengono analizzati. Chi avrà la patente dopo i test sierologici e il tampone con esito negativo e gli anticorpi, sarà come  i monatti di manzoniana  memoria, perché sarà immunizzato e non prenderà il coronavirus né lo potrà diffondere».
Il nuovo progetto è stato validato dal Comitato scientifico della Regione. Si partirà su un campione sperimentale di circa 300 soggetti, sulla base dei cui esiti l'indagine si allargherà a tutti i sanitari del sistema veneto e nelle case di riposo. L'indagine sierologica, una volta a regime, consentirà di tracciare un cluster di soggetti contagiosi, identificare la positività al di fuori della fascia temporale del test molecolare, monitorare i pazienti in via di guarigione, accertare le potenziali ricadute della malattia.
L'OMS
Scettica l'Oms. I test sierologici oggi disponibili «non sono affidabili per quanto riguarda una diagnosi di Covid-19 o procedure protocollate di reinserimento al lavoro o di esenzione dall'isolamento», ha detto Ranieri Guerra, direttore vicario dell'Organizzazione mondiale sanità. «Capire quale è stata la circolazione del virus è importante. Al di là di tutto - ha precisato - abbiamo una popolazione, che l'Imperial College ha stimato in qualche milione di persone, che non ha bisogno di essere quarantenata con lo stesso rigore» degli altri. Ma «non abbiamo ancora test sierologici certi: l'affidabilità nell'identificare i negativi è molto elevata, mentre sui positivi è del 60-70% nei casi migliori». Insomma, «non sono test affidabili per quanto riguarda una diagnosi o procedure protocollate di inserimento al lavoro o di esenzione dall'isolamento, ma ci possono dire se effettivamente la circolazione del virus è stata così elevata come alcuni modelli suggeriscono». E ancora: «Il malinteso con questi test è che possano portare a diagnosi, e identificare chi può essere infettivo. Non è così. Noi sappiamo quello che è avvenuto dalle due alle tre settimane precedenti».
Nonostante le perplessità dell'Oms, la Regione Veneto è decisa a procedere.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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