Veneto, allarme contagi «Non stringetevi le mani»

Mercoledì 1 Luglio 2020
LA GIORNATA
VENEZIA Dovremmo prendere esempio dalla chiesa: le messe in presenza sono ricominciate, però sui banchi si sta distanziati, quando si entra ci si igienizza le mani, la mascherina è obbligatoria e al segno della pace si sorvola. Niente strette di mani. L'esatto contrario di quel che sta avvenendo nella vita civile. «Vedo un sacco di gente che per salutarsi ha ripreso a stringersi la mano, che si abbraccia. State attenti, non si fa». Luca Zaia, presidente della Regione del Veneto, dice di essere preoccupato. In mano ha i dati del bollettino mattutino (poi aggiornati in serata): «Abbiamo 5 ricoveri in più, altre 35 persone in isolamento, 8 nuovi positivi. Questi indicatori non sono buoni, si potrà anche sostenere che statisticamente sono casi isolati, ma non può passare l'idea della festa della liberazione. Perché a differenza di febbraio e marzo, quando eravamo tutti a casa, adesso le spiagge sono affollate, le piazze piene. Con assembramenti così, se tornasse la reinfezione sarebbe un disastro».
L'AVVERTIMENTO
Secondo Zaia va trovato «un punto di equilibrio», perché adesso «stiamo entrando in una fase-limbo, in cui ognuno deciderà, con il suo comportamento, se si andrà avanti o indietro. Nessuno di noi ha alibi: se tutti ci comportiamo in maniera corretta, il virus non torna. Ma ci sono cittadini che stanno aiutando il virus con comportamenti scorretti. Potremmo andare a schiantarci». Paura? «Non voglio diffondere allarmismi, dico però che bisogna fare attenzione. Distanziamento sociale, mascherina, igienizzazione, niente strette di mano. Guardate che di coronavirus si muore. A me inquieta che ci siano cittadini che chiedono quando si smetterà la mascherina: è una rottura di scatole, specie in estate col caldo, lo so, ma è una necessità». Non servirebbero, allora, più multe? «Non spetta a noi il ruolo dei sanzionatori».
Preoccupano, poi, le notizie che arrivano dalla Cina di un nuovo virus influenzale. E preoccupano i dati dei nuovi positivi registrati in Veneto: una coppia di Selvazzano (Padova), lui di 80 anni, lei 65 anni, il marito ricoverato in malattie infettive ma fortunatamente con pochissimi sintomi; una signora di 90 anni ospite della casa di riposo San Pio X di Cordignano (Treviso), struttura peraltro dove c'è un focolaio attivo con altri 3 ospiti ancora positivi; madre e figlio nigeriani residenti a Vicenza di 24 anni e 3 mesi; un ricoverato di 39 anni di Padova a malattie infettive, anche lui con pochissimi sintomi; un anziano della provincia di Bergamo di 72 anni che, dovendo accedere al reparto di cardiologia all'ospedale di Borgo Trento, è stato sottoposto a tampone risultando positivo. Di tutti questi casi, il più eclatante è forse quello di mamma e bimbo, se non altro perché i piccoli risultavano quasi immuni al coronavirus.
I DATI
I dati aggiornati del bollettino di ieri sera hanno visto salire i morti da 2012 a 2020, ma va precisato che nel conteggio sono stato inseriti sei decessi di Vicenza che risalgono però ai giorni scorsi, addirittura al 18 giugno. Sta di fatto che dall'inizio dell'emergenza i casi positivi hanno raggiunto quota 19.286, le persone attualmente positive sono 430, quelle in isolamento domiciliare 746, mentre l'unico dato confortante è che nelle terapie intensive è che i 10 ricoverati sono tutti negativizzati. Si consideri che in tutta Italia nelle ultime 24 ore ci sono stati 142 nuovi casi, in lieve risalita dai 126 di lunedì, e che sono risaliti anche i decessi: 23 in un giorno dopo il minimo di 6 toccato l'altroieri (34.767 in totale). I tamponi fatti nelle ultime 24 ore in tutto il Paese sono stati 48.273 (27.218 lunedì). Per quanto riguarda i tamponi, il Veneto si sta avvicinando alla soglia di un milione di esami: a ieri il totale ne dava 958.434. «Un tampone ogni 5 abitanti», ha detto il governatore. In realtà il rapporto non è corretto perché i tamponi vengono fatti quasi sempre alle stesse persone e cioè a chi lavora in ospedale e a chi vive e lavora nelle case di riposo, dove lo screening viene ripetuto ogni venti giorni.
LE ACCUSE
Ma a proposito di tamponi, in ballo c'è il capitolo dei viaggiatori che arrivano dall'estero. Competenza, ha sottolineato Zaia, che spetta allo Stato e ancora di più all'Organizzazione mondiale della sanità. «Invito il nostro governo e l'Oms a verificare bene i sistemi di gestione del coronavirus negli altri Paesi e i dati che vengono diffusi. Cittadini egiziani mi dicono che nel loro Paese ci sono seri problemi, ma dai numeri ufficiali non risulterebbe. Io sono per le frontiere aperte - da un punto di vista sanitario intendo - ma vorrei avere certezze dall'Oms e dal nostro ministero della Sanità, perché ci sono Paesi nei quali non si fa neanche il bollettino».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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