Velo islamico in aula Praticante legale cacciata dal giudice

Giovedì 18 Gennaio 2018
Velo islamico in aula Praticante legale cacciata dal giudice
LA POLEMICA
BOLOGNA Davanti all'aula del tribunale amministrativo di Bologna, un foglio richiama l'articolo 129 del codice di procedura civile: «Chi interviene o assiste all'udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio». Dietro alla porta una ragazza marocchina di 25 anni, Asmae Belkafir, praticante avvocato, ha vissuto sulla propria pelle la prescrizione. Il giudice Giancarlo Mozzarelli, presidente della seconda sezione, l'ha invitata a togliersi il velo hijab che indossava, altrimenti sarebbe dovuta uscire. Lei si è rifiutata e ha lasciato l'aula. Sconvolta e in lacrime, come ha raccontato chi l'ha vista.
Il giudice, attraverso una segretaria, ha fatto sapere di non voler dir nulla sul caso, anche quando ormai la vicenda era rilanciata sul web e da più parti sono arrivate critiche, apprezzamenti e manifestazioni di solidarietà alla ragazza. Una serie di reazioni che ha fatto muovere il presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, massima carica della giustizia amministrativa, per chiedere chiarimenti e una relazione circostanziata sull'accaduto per una compiuta valutazione dei fatti In serata il presidente del Tar bolognese, Giuseppe Di Nunzio, ha almeno in parte ricucito con il titolare della giovane. Quando l'avvocato Lorenzo Canullo, direttore dell'ufficio legale dell'Università di Modena e Reggio Emilia gli ha telefonato per capire le ragioni di quello che era successo, lo ha rassicurato: per quello che lo riguarda, avrebbe detto, in futuro non ci saranno problemi e la praticante potrà tornare nelle aule, con il velo in testa. Non succederà più, insomma.
Laureata con una tesi sul problema delle mutilazioni rituali nei diritti religiosi da 110 e lode, Asmae o Jasmin, come alcuni la chiamano, è stata tra le due persone selezionate per fare pratica nell'ufficio dell'ateneo ed è responsabile legale della comunità islamica di Bologna. «Urge che le autorità competenti facciano chiarezza», ha detto il coordinatore della comunità, Yassine Lafram, secondo cui le frasi con cui il giudice avrebbe giustificato la posizione - «si tratta del rispetto della nostra cultura e delle nostre tradizioni» - «non trovano ragione in nessuna legge, né nella Costituzione».
Per il presidente del consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, «il magistrato ha sicuramente sbagliato». Secondo l'ordine degli avvocati di Bologna l'episodio è «illegittimo, gravemente discriminatorio, limitativo dell'esercizio professionale nonché lesivo della dignità del singolo professionista e dell'intera comunità forense», anche perché la norma che impedisce di stare in aula a capo coperto varrebbe solo per il processo civile, non quello amministrativo. «Io sto con quel giudice!», ha invece scritto su Facebook il leader della Lega Nord Matteo Salvini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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