Spallanzani-russi, patto per Sputnik «Autorizzare la produzione in Italia»

Sabato 6 Marzo 2021
L'INTESA
ROMA Per il vaccino Sputnik si aprono le porte del Lazio. Mentre l'Ema, l'ente regolatorio europeo, annuncia di aver iniziato a esaminare i dati del vaccino messo a punto dall'istituto Gamaleya di Mosca, alla Regione Lazio si pensa già a come produrre le fiale direttamente nel distretto farmaceutico regionale.
E per accelerare sui tempi ieri l'assessore alla Salute Alessio D'Amato ne ha parlato direttamente con i rappresentanti del fondo russo che si occupa della produzione di Sputnik. Attorno al tavolo di lavoro, che non a caso si è svolto all'Istituto Spallanzani di Roma, secondo quanto riferito dall'Unità di crisi della Regione Lazio, c'erano il direttore del Centro N.Gamaleya Alexander Gintsburg, Nina Kandelaki, a capo del dipartimento dello sviluppo dei progetti sanitari del Fondo russo di investimenti diretti (Rdif) e il ministro consigliere dell'Ambasciata russa, Maxim Burlyay.
I presupposti per una collaborazione pare ci siano tutti. Intanto, i due Istituti Scientifici, Gamaleya e Spallanzani, hanno già pensato ad un protocollo d'intesa scientifico per una collaborazione stabile.
LE PERPLESSITÀ
Quanto al vaccino Sputnik, come ha fatto sapere l'assessore D'Amato, si potrebbero aprire due strade, visto che il direttore del dipartimento del Rdif, Kandelaki, ha dato la disponibilità sia all'opzione delle dosi, che a facilitare il dialogo per sviluppare la produzione del vaccino. Dopo aver offerto le fiale anticovid ad altri Paesi, dall'Ungheria all'Argentina, ora i russi ribadiscono la volontà di «mettere a disposizione tutto ciò che è necessario per consentire la produzione del vaccino in Italia».
In attesa dell'approvazione da parte dell'Ema, non si conoscono però ancora le capacità produttive della Russia. «Da un punto di vista tecnico - spiegano dallo Spallanzani - si tratta di un vaccino complicato da realizzare, perché utilizza come vettori due adenovirus, il 26 e il 5, questo vuol dire che per produrlo servono due bioreattori, uno in cui si deve coltivare il virus 26 e un altro per il virus 5».
Per ora la spinta a mettere a punto il processo produttivo nel Lazio è forte. La campagna vaccinale fa fatica a decollare, le fiale sono insufficienti e poter disporre di un vaccino fatto in casa sembra l'unico modo espediente possibile per velocizzare i tempi. Ma la situazione non è così semplice. «Se l'accordo viene firmato adesso, serviranno comunque diversi mesi per produrlo in Italia - riflette un esperto che osserva da vicino la vicenda dell'accordo italo-russo - Se invece la Russia vuole procedere con noi come già fatto con San Marino, dove ha fornito qualche migliaio di dosi, dobbiamo ricordare che per noi quella quantità di fiale è ininfluente».
Intanto, le Regioni fanno fronte comune sulla richiesta di accelerare con urgenza la campagna vaccinale. Il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana è stato chiaro: «Se sul mercato mondiale esiste la possibilità di acquistare nuovi vaccini in questo momento si devono acquistare dove sono disponibili. Dobbiamo farci avanti. La normativa non ci consente di acquistarli autonomamente come Regione, ma se ci fosse questa opportunità mi guarderei intorno. Comunque aspetto che ci pensi il governo».
IL RIFERIMENTO
Che però non sembra intenzionato a spingere per un'autorizzazione extra Ue. Sul vaccino russo, ha fatto sapere il ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, «C'è un grande lavoro da fare e confidiamo tutti che da parte dell'Ema ci sia la capacità di accelerare il processo di autorizzazione dei vaccini ancora non certificati. Il criterio del Governo - ha ribadito - è utilizzare vaccini che abbiano l'autorizzazione da parte dell'Ema».
Graziella Melina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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