Sospiro di sollievo nel governo ma c'è il diktat franco-tedesco

Sabato 23 Febbraio 2019
IL RETROSCENA
ROMA Respiro di sollievo a palazzo Chigi. Schivato il temuto downgrading dell'agenzia di rating Fitch, il governo giallo-verde spera di poter arrivare alle elezioni europee senza dover metter mano a una manovra di correzione dei conti. Di questa - a meno che la situazione economica non dovesse precipitare e i mercati finanziari tornare burrascosi - se ne riparlerà a giugno. Dopo il voto europeo del 26 maggio. Prima «sarebbe un suicidio in termini economici, politici ed elettorali», dice una fonte autorevole dell'esecutivo che celebra lo scampato pericolo: «E' la conferma che l'economia del Paese è solida. Si va avanti sulla strada tracciata». Poco importa se l'agenzia di rating scommette sulla fine, entro l'anno, dell'alleanza giallo-verde. E se Francia e Germania proprio ieri hanno proposto la creazione un fondo dell'Eurozona, cui potranno attingere «solo i Paesi che rispettano una prudente politica finanziaria e dei conti pubblici». Un vero e proprio schiaffo all'Italia.
In mattinata, in attesa dell'arrivo del giudizio di Fitch, Giancarlo Giorgetti di solito molto prudente, aveva risposto ruvido: «Dicano la loro, non diciamo la nostra». E riguardo alla possibile manovra correttiva, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio aveva sposato la linea del premier Giuseppe Conte e dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini: «Pensiamo di no, per altro è già tutto scritto nella legge di bilancio».
Il richiamo alla legge di bilancio non è casuale. Di Maio, Salvini e anche Conte continuano a ripetere che fare una manovra correttiva (l'importo dovrebbe essere di circa 8 miliardi), adesso sarebbe «un non senso». Per quattro ragioni. La prima: il governo è convinto che «invece di fasciarsi la testa», occorra attendere «gli effetti espansivi» dell reddito di cittadinanza, di quota 100 e, soprattutto, delle misure volte a sbloccare 27 miliardi di investimenti in opere pubbliche. E palazzo Chigi lo scrive nel comunicato ufficiale: «Siamo certi che questi interventi avranno un impatto positivo sulla crescita». La seconda ragione: una stretta rigorista, su un'economia già in recessione tecnica, secondo i leader giallo-verdi sarebbe «come fare harakiri». «Si ucciderebbe il malato invece di guarirlo». La terza: come promettono Salvini e Di Maio in ogni tappa della loro campagna elettorale permanente, dopo le elezioni cambieranno gli equilibri in Europa. E la speranza dei due è che si affermi a Bruxelles una linea «più attenta alla crescita» che «archivi le fallimentari politiche del rigore» contabile. La quarta: una stretta, con qualche probabile aggravio fiscale, alla vigilia delle elezioni sarebbe, appunto, «un suicidio». Del resto, nessun governo ha mai aumentato le tasse a ridosso delle urne.
Ciò detto, la guardia resta alta. E anche l'allarme. Vista la recessione, considerata la crisi in cui è precipitato il settore industriale, se la situazione sui mercati diventasse difficile (con lo spread vicino o oltre quota 400) un intervento diventerebbe inevitabile. E a quel punto non risulterebbe più sufficiente il cuscinetto di due miliardi di spese dei ministeri già congelate con la legge di bilancio. In più se verrà ratificato, l'accordo franco-tedesco sul fondo dell'Eurozona (parte del budget complessivo europeo), potrebbe obbligare l'Italia a seguire le raccomandazioni semestrali della Commissione, in quanto all'eurobudget potranno accedere solo i Paesi che avranno fatto le riforme indicate nelle raccomandazioni semestrali di Bruxelles.
I POSSIBILI INTERVENTI
Se fosse costretto a intervenire per tamponare una tempesta sui mercati finanziari, il governo dovrebbe cercare ulteriori risorse. Un primo filone riguarda il contenimento delle stesse spese avviate con la legge di bilancio, quindi quelle relative a quota 100 e reddito di cittadinanza. Poi, volendo reperire risorse anche sul fronte fiscale l'esecutivo si muoverebbe più o meno sulla stessa linea già scelta lo scorso autunno con il decreto tributario. Quindi nuovo incremento del prelievo a carico di banche e assicurazione, anche aumentando gli anticipi, ed eventuale riduzione di alcune agevolazioni fiscali, in attesa del sempre rinviato intervento di riordino generale delle tax expenditures.
Luca Cifoni
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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