Sorpresa pensioni, dal 2000 al 2018 cresciute il doppio delle retribuzioni

Giovedì 16 Gennaio 2020
IL RAPPORTO
ROMA Sedici milioni di pensionati, un totale di 23 milioni di assegni erogati, per una spesa complessiva annua che raggiunge i 293 miliardi di euro, pari a oltre il 16 per cento del Pil. La fotografia scattata dall'istituto di statistica nel rapporto sulle condizioni di vita dei pensionati contiene alcune informazioni tutto sommato note ed altre che possono risultare più sorprendenti. Ad esempio tra il 2000 e il 2018 i redditi pensionistici sono cresciuti molto più delle retribuzioni, aumentando del 70 per cento. Al contrario, chi dal 2000 in poi ha svolto un'attività lavorativa alle dipendenze ha visto incrementare il proprio stipendio - complice la crisi economica - solo del 35 per cento. Pure il blocco dei rinnovi contrattuali nel settore pubblico ha stimolato l'allargamento del divario tra le due curve. Risultato, i redditi pensionistici negli ultimi 18 anni sono cresciuti al doppio delle velocità rispetto ai redditi da lavoro dipendente. E questo perché, sottolinea sempre l'Istat, hanno raggiunto l'età pensionabile le generazioni che nel secolo scorso hanno beneficiato di un lungo periodo di crescita economica, che gli ha permesso di raggiungere posizioni professionali solide e svolgere una carriera lavorativa continua . Perde così smalto il vecchio adagio secondo cui i pensionati sono sempre più poveri. E ancora: «il peso relativo della spesa pensionistica sul prodotto interno lordo si attesta al 16,6 per cento, valore appena più alto rispetto al 2017, quando si era fermato al 16,5 per cento, e che segna un'interruzione del trend decrescente osservato nel triennio precedente», scrive l'Istat. I pensionati in sofferenza sono meno della metà: il 36,3 per cento riceve ogni mese meno di mille euro lordi, mentre il 12,2 per cento non arriva a superare i 500 euro. Un pensionato su quattro, il 24,7 per cento, si colloca invece nella fascia di reddito superiore ai duemila euro. L'Istat in base a dati del 2018 ha definito comunque ampia la disuguaglianza di reddito tra i pensionati: il quinto della platea che gode di redditi pensionistici più elevati consuma il 42,4 per cento della spesa complessiva. Come detto, nel 2018 sono stati spesi quasi 300 miliardi di euro in prestazioni pensionistiche, di cui circa 120 miliardi per gli assegni d'oro e d'argento. Insomma, il 20 per cento di quanti percepiscono i redditi pensionistici più bassi dispone del 5,2 per cento del totale delle risorse pensionistiche mentre il quinto più ricco ne possiede otto volte di più.
LE CONDIZIONI
Il report sulle condizioni di vita dei pensionati dell'Istat relativo al biennio 2017-2018 indica inoltre che il divario di genere è a svantaggio delle donne, più rappresentate nelle fasce di reddito fino a 1.500 euro, mentre la concentrazione di percettori uomini è massima nella classe di reddito più alta (3.000 euro e oltre) dove si contano 266 pensionati ogni 100 pensionate. Ma come si spiega il gap tra donne e uomini? Per l'Istat trae origine dal differenziale salariale dovuto a carriere contributive più brevi e a una minore partecipazione al mercato del lavoro. Le donne sono titolari del 44,3 per cento delle pensioni di vecchiaia, del 45,8 per cento delle invalidità previdenziali e del 26,5 per cento delle rendite per infortunio sul lavoro. La presenza femminile è dominante tra le pensioni ai superstiti (86,3 per cento), anche per una più elevata speranza di vita, e tra le pensioni assistenziali. Un terzo dei pensionati, ovvero il 67,2 per cento, beneficia di una sola prestazione, un quarto ne percepisce due, mentre il restante 8 per cento tre o più. Da qui i 23 milioni di assegni erogati a fronte di una platea di sedici milioni di percettori complessivi. L'Istat ha rilevato anche che per quasi 7,4 milioni di famiglie con pensionati i trasferimenti pensionistici rappresentano più dei tre quarti del reddito familiare disponibile e nel 21,9 per cento dei casi le prestazioni ai pensionati costituiscono addirittura l'unica fonte monetaria di reddito. Dunque, la presenza di un pensionato all'interno di 2,6 milioni di nuclei familiari vulnerabili consente oggi di dimezzare l'esposizione al rischio di povertà. I pensionati che percepiscono anche un reddito da lavoro sono poco più di 400 mila e in diminuzione rispetto al passato, in calo nel 2018 dell'1,2 per cento sul 2017 e del 21,3 per cento dal 2011. In virtù dell'aumento dei requisiti anagrafici e contributivi necessari per il pensionamento continua a crescere pure l'età media dei pensionati che lavorano: circa il 77 per cento ha almeno 65 anni, erano il 53,7 per cento nel 2011, mentre il 39,5 per cento è over 70.
Francesco Bisozzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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