«Senza un accordo di qui non si esce» Ha vinto il metodo della stanza chiusa

Sabato 13 Gennaio 2018
«Senza un accordo di qui non si esce» Ha vinto il metodo della stanza chiusa
IL MODELLO
ROMA Chissà se esisterà mai in Italia il corrispettivo della Willy-Brandt-Haus di Berlino. Questo è il luogo del negoziato per la Grosse Koalition tra i popolari e i socialisti. Qui è andato in scena un metodo. Che sarebbe riduttivo chiamare metodo Merkel. La definizione giusta è quella del metodo della stanza chiusa. Ovvero, si sa quanto è complicato allestire una coalizione larga tra partiti schierati su sponde opposte, e oltrettutto indeboliti nella loro spinta da risultati elettorali rivelatisi - per chi più e per chi meno, più per la compagine di Schulz e meno per i merkeliani - non esaltanti. E proprio perché la difficoltà dell'operazione è massima, e se la partitura non viene scritta perfettamente in tutti i suoi dettagli la governabilità ne risentirà e quindi pagheranno i cittadini tedeschi, ci si è chiusi in una stanza e i leader non ne sono usciti finché non si è messo nero su bianco il programma comune. Il metodo della stanza chiusa, che non significa stanza non trasparente, non vuol dire luogo riparato ma luogo della concentrazione massima e del massimo dello spirito di responsabilità che non deve lasciare punti lacunosi e ribaltabili in un secondo momento, serve a scongiurare successivi incidenti di percorso sulle cose da fare. Ed è vero che si tratta di un metodo non veloce, e laborioso, ma proprio nel darsi tempo, nel non farsi prendere dalla fretta che è cattiva consigliera, c'è il succo di questo approccio. Che prevede stabilire tutto, anche i minimi particolari, così da togliere margini alle eventuali polemiche che altrimenti potrebbero crearsi mentre si governa. E governare litigando, almeno in Germania, è ritenuto sconvenientissimo.
DARE, PRENDERE
Dunque «il dare e il prendere» - per usare le parole della Merkel - investe nel metodo della stanza chiusa tutti i temi sul piatto della costruzione dell'alleanza tra diversi. E in questo caso la lista è lunga: migranti, fisco, assicurazione sanitaria, aiuti alle famiglie, investimenti nell'istruzione, imposta di solidarietà, pensioni, Europa. C'è disaccordo fra Schulz e Merkel su uno degli argomenti, o su un sottoargomento? No problem, si resta nella stanza finché la mediazione non viene trovata in questo «dare e prendere». E così, l'intesa finisce per essere ratificata come se fosse una mega joint venture tra multinazionali e ha due grandi cardini: tetti sull'immigrazione e riduzione delle tasse attraverso l'utilizzo del surplus di bilancio che si aggira intorno a 45 miliardi di euro. E sono esattamente, fisco e immigrati-sicurezza, i due temi che stanno scaldando anche la campagna elettorale in Italia. Dove - perché no? - questo metodo della definizione preventiva anche delle virgole, questa strategia della stanza chiusa da cui si esce solo quando i punti programmatici sono chiari e condivisi, potrebbe benissimo risultare utile e benemerito.
IL PRESTITO
Silvio Berlusconi, per esempio, che dei problemi con gli alleati ne ha avuto tanti nel corso dei suoi governi, ne è un estimatore. E potrebbero non servire notai, ma soltanto la fatica di accordarsi bene su tutto seduti intorno a un tavolo per ore e ore, per giorni e giorni, per arrivare magari a un patto di governo pieno e senza ambiguità tra Forza Italia e la Lega. Lo stesso discorso vale per gli altri. Se i tedeschi ci prestassero la Willy-Brandt-Haus, ma soprattutto il metodo che essa contiene, ci farebbero probabilmente un buon regalo.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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