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(...) Quattro casse bianche, come immacolate sono le

Venerdì 19 Luglio 2019
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(...) Quattro casse bianche, come immacolate sono le rose che le sovrastano, nel silenzio irreale dello stadio di Musile di Piave gremito come non mai, almeno cinquemila spettatori di una cerimonia un po' religiosa e un po' laica e un po' spettacolare, come finisce inevitabilmente per essere lo straziante addio a ragazzi poco più che ventenni, morti una notte d'estate al ritorno da una cena al mare.
LA CERIMONIA
Tutti esauriti i 1.800 seggiolini delle tribune, tutte occupate le 880 sedie sull'erba, tutt'attorno in piedi tutti gli altri. L'altare allestito su un palco, i getti di vapore e le bottigliette d'acqua, una distesa di fiori chiari, la maglia numero 10 che adesso sarà ritirata, le corone e i labari dei Comuni e delle scuole, lo striscione dell'Outlet: «Molto più che colleghi... amici, fratelli, per sempre con noi». Ad accogliere il mesto corteo funebre sono il governatore Luca Zaia e i sindaci del Piave in lutto stracittadino, Silvia Susanna di Musile, Valerio Zoggia di Jesolo, Andrea Cereser di San Donà e Claudio Marian di Noventa, che non appena vedono accovacciarsi per terra i parenti rimasti senza posto, si alzano dalla zona riservata alle autorità e assistono alla liturgia in mezzo alla folla. Accanto a ciascuna bara, un cuore di petali candidi, con l'aggiunta di sette boccioli rossi in quello firmato da Giorgia Diral, l'unica superstite della strage: «Ciao amore mio!». Il messaggio è per il suo fidanzato, al quale si rivolge anche la voce dolente che dal pulpito apre la serie dei ricordi civili, spostando un quarto d'ora più avanti l'inizio della liturgia cristiana. «Riccardo non c'è più: quattro parole, due secondi, mille lacrime», mormora la giovanissima Ilaria Laugeni, commuovendo anche le decine di carabinieri stretti accanto al papà luogotenente Marco.
L'OMELIA
Circondato da una dozzina di altri sacerdoti, monsignor Adriano Cevolotto affronta un'omelia difficile, davanti alla vistosa sofferenza dei parenti. «I volti di questi quattro giovani esordisce il vicario generale della diocesi di Treviso da domenica sono diventati familiari e cari anche a chi, come me, non li aveva conosciuti. L'eco della notizia della loro morte tragica è andata ben oltre le loro famiglie, gli amici e i conoscenti, oltre le comunità parrocchiali e i paesi di appartenenza. Lo sgomento è entrato nelle case e nel cuore di molti. La conclusione delle loro giovani esistenze ha incrinato anche tante nostre sicurezze. Ci siamo sentiti tutti più esposti, tutti più legati. Poteva esserci mio figlio, mia figlia, uno dei miei nipoti. Potevo esserci io». Il sole splende, la calura morde. Quanta sofferenza trasuda dalla sola citazione dei «sogni, speranze, progetti infranti», a causa del terribile incidente del 14 luglio. Monsignor Cevolotto invita ad incanalare il dolore e il rancore nel ricordo dei quattro giovani: «Chi non si è trovato il sentimento di rabbia, il grido di protesta e di giustizia? Il pericolo è di rimanere schiacciati e prigionieri in questa spirale. Invece noi tutti a loro dobbiamo risposte di vita, proprio perché erano innamorati della vita». E quella notte «Gesù era lì chiosa il presule perché ha condiviso lo stesso destino di una morte violenta e scandalosa». Per quanto delicato, il riferimento alle responsabilità della tragedia è netto: «Mi rivolgo in modo particolare a voi cari giovani, così numerosi attorno a questi vostri amici e coetanei. Troppo spesso abbiamo trasformato la concretezza dei gesti quotidiani in una sorta di leggera virtualità. Rischiamo di perseguire l'idea che le nostre azioni e i nostri comportamenti non abbiano delle vere conseguenze, quasi che la vita sia un videogioco dove tutto alla fine si resetta per riprendere daccapo la partita. La guida non è un videogioco, come non lo è nessuna delle nostre azioni. Tutto ha delle conseguenze in noi e negli altri: vere, a volte prevedibili, altre no. Conseguenze leggere o drammatiche. In pochi istanti, lungo la stessa strada, la leggerezza ha prodotto morte e il coraggio ha salvato una vita». L'automobilista di nazionalità romena Marius Alin Marinica è agli arresti domiciliari, mentre in platea ci sono i cinque testimoni di origine kosovara che hanno cercato di soccorrere le vittime: Laurat Hoti, Florim Bytyci, Burim Kuci, Ilir Lekaj e Luizim Bytyci. «Quello che è capitato a loro riprende il celebrante può capitare a me, a te, può capitare a quelli che incrocio per strada. Tanto dolore non può non provocarci seriamente tutti. O volete che non ci abbia insegnato proprio niente?».
LO SHOW
Il pubblico risponde con un lungo applauso. Dopodiché il rito lascia gradualmente spazio allo show, organizzato dagli amici d'intesa con le famiglie. Le foto dei momenti felici proiettate sul maxi-schermo si mescolano ai petardi e ai fumogeni sparati dagli ultrà del Venezia. Elisa Mattiuzzo singhiozza al microfono: «Giovanni... eri l'unico fratello che potevo desiderare... hai lasciato un vuoto incolmabile...». Gli altoparlanti diffondono la colonna sonora di una vita spensierata, con i Blink 182, Jovanotti, Vasco Rossi: «Voglio trovare... un senso a questa sera...». Anche se quella sera un senso non ce l'ha. Ma in cinquemila qui provano a trovarne almeno un po', nelle centinaia di palloncini rigorosamente bianchi che si alzano fra le nuvole improvvisamente nere, ora che le prime gocce di pioggia cadono sui feretri di Ricky, Gio, Ele e Leo, incolonnati verso il cimitero.
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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