Salvini a Mattarella: toghe contro di me, ora a Catania chiedo un processo giusto

Venerdì 22 Maggio 2020
Salvini a Mattarella: toghe contro di me, ora a Catania chiedo un processo giusto
LA POLEMICA
ROMA «Caro presidente sto studiando i decreti e i provvedimenti economici». E' tardo pomeriggio quando Salvini chiama al telefono Sergio Mattarella per manifestare la preoccupazione per la situazione nel Paese e l'amarezza per i pesanti attacchi di alcuni parlamentari M5s nei confronti della Lombardia duramente colpita dalla tragedia del Covid-19. A suo dire c'è «una strategia premeditata per colpire la Lega». Ma in cima ai suoi pensieri c'è altro. E' la «deriva pericolosa» che ha preso la magistratura. Per questo motivo prende pure carta e penna: «La mia fiducia nei giudici vacilla scrive il Capitano al Capo dello Stato - sta venendo meno la separazione dei poteri». Ed infine la chiosa: «Mi appello a lei per ottenere un processo giusto».
L'Aula del Senato a febbraio ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Presto il leader del partito di via Bellerio dovrà comparire nell'Aula del Tribunale di Catania perché l'allora responsabile del Viminale non autorizzò lo sbarco di oltre 130 migranti per diversi giorni, tra la fine di luglio e inizio agosto. «Decisione condivisa nel governo. Da parte dei giudici c'è solo accanimento contro di me», la difesa in tutto questo tempo di Salvini.
I SOSPETTI
Ora quei sospetti sulla «persecuzione giudiziaria» per quelle iniziative dei pm «frutto di attacchi puramente politici» si sono trasformati in realtà. L'antefatto: ieri il quotidiano La verità ha pubblicato alcune chat su Whatsapp nelle quali alcune toghe ammettevano che Salvini non stava facendo niente di sbagliato ma che doveva comunque essere attaccato senza pietà. Il riferimento è legato proprio al processo sulla nave Gregoretti in cui è imputato. Tra i protagonisti della vicenda Auriemma, capo della Procura di Viterbo, e Palamara, leader della corrente di Unicost. «Indagato per non aver permesso l'ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili», confida il primo. «Ha ragione, ma bisogna attaccarlo», osserva il secondo mentre Ferramosca, componente della giunta esecutiva Anm se la prende con i colleghi che hanno dato ragione all'allora ministro dell'Interno sul dl Sicurezza. Ora il leader del partito di via Bellerio ha paura. E' preoccupato che chi dovrà giudicarlo non sia super partes. «Quando si entra in un tribunale non sai mai come finisce», il suo refrain. Per di più lunedì la Giunta per le immunità e le elezioni del Senato riprenderà la discussione sul caso Open Arms, il voto sull'autorizzazione è procedere è previsto il giorno dopo.
«Mi dispiace scrive in chat Auriemma a Palamara - dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell'Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c'entri la Procura di Agrigento». Gli affondi dei leghisti non tardano ad arrivare. E dai capigruppo parte l'appello a far sì che intervenga il Capo dello Stato che tra l'altro ieri ha ricevuto Petralia, nuovo capo del Dap. «Con quale serenità l'ex ministro Matteo Salvini, oggi senatore, può affrontare il processo a Catania?», si chiede Romeo al Senato. Salvini a questo punto alza il telefono e poi invia una lettera al Colle: «Le intercettazioni pubblicate documentano come l'astio nei miei riguardi travalichi in modo evidente una semplice antipatia. E' inequivocabile il tenore delle comunicazioni dei magistrati». «Non so se i vari interlocutori facciano parte di correnti della Magistratura o se abbiamo rapporti con i magistrati che mi giudicheranno, tuttavia è innegabile che la fiducia nei confronti della Magistratura adesso vacilla», osserva Salvini.
Poi il riferimento al processo di Catania: «E' in corso una strategia diffusa e largamente condivisa di un'offensiva nei miei riguardi da parte della Magistratura. Tutto ciò intacca il principio della separazione dei poteri e desta in me la preoccupazione concreta della mancanza di serenità di giudizio tale da influire sull'esito del procedimento a mio carico». Infine l'appello a Mattarella non solo nelle vesti di presidente della Repubblica ma anche «di presidente del Csm» affinché «mi venga garantito il diritto ad un processo giusto, davanti a un giudice terzo e imparziale, nel rispetto dell'art. 111 della Costituzione».
Emilio Pucci
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