«Quattro Regioni ancora a rischio» Riaperture al Nord sul filo del rasoio

Venerdì 1 Maggio 2020
IL FOCUS
ROMA Nella settimana tra il 22 e il 29 aprile l'80 per cento delle nuove infezioni e dei nuovi decessi è avvenuto in cinque regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria. Tutte le altre regioni del centro-sud, ad esclusione delle Marche, hanno indicato tutti al di sotto della media nazionale. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha rimesso in fila questi numeri per spiegare che nella fase due servirà notevole cautela, anche perché c'è un grafico che il suo centro studi rilancia periodicamente: mostra su una linea verticale il tasso percentuale di crescita dei casi di positivi, su una orizzontale quanti sono per ogni centomila abitanti. Nella casella maggiormente a rischio finiscono quattro territori del nord: Lombardia, Liguria, Piemonte e provincia autonoma di Trento.
In una posizione intermedia ci sono Emilia-Romagna, Valle d'Aosta, Marche, provincia autonoma di Bolzano e Veneto con una percentuale di incremento di nuovi casi assoluti sotto la media nazionale. Situazione intermedia anche per Lazio e Sicilia con un incremento ogni 100mila abitanti appena sopra la media nazionale. Nella fascia meno preoccupante, con bassa percentuale di crescita e bassa incidenza in base alla popolazione e quindi in posizione migliore Umbria, Basilicata, Sardegna, Calabria e Molise.
A quale conclusione arriva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta? «Una Fase 2 dell'emergenza improntata a regole uguali per tutte le regioni comporta un doppio problema: alcune aree del Paese dovranno sottostare a restrizioni eccessive, che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria. Per altre, la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro la maggior parte si concentra proprio nelle Regioni dove l'epidemia è meno sotto controllo».
SCELTE
Altre nazioni hanno scelto misure diverse, da regione a regione, sulla base della circolazione del virus. L'Italia ha deciso di trattare Isernia come Bergamo e questo sta sollevando qualche perplessità. Dice Cartabellotta: «Il nostro monitoraggio indipendente sulle variazioni settimanali documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea». Secondo Gimbe in parte è condivisibile il principio di graduale riapertura del Governo, ma «l'avvio della fase 2 non rispecchia il principio della massima prudenza perché non tiene in considerazione le notevoli eterogeneità regionali delle dinamiche del contagio».
M.Ev.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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