Qualcosa si è rotto tra i due, anzi no Pronto il copione della riconciliazione

Sabato 25 Maggio 2019
LA STORIA
Erano finti amici, ora sono finiti nemici. E da lunedì, la terza finzione della coppia Di Maio-Salvini sarà probabilmente quella della (difficile) riappacificazione. E c'è chi già immagina, tra i rispettivi fan, la scena della reunion post-elettorale dopo tanti bisticci prima del voto: un'uscita a 4, Luigi, Matteo e le loro fidanzate. Una delle quali, la Virginia Saba di Di Maio ha già auspicato una serata del genere in formato doppia coppia: «Mi piacerebbe tanto». E di sicuro piacerebbe anche a Francesca Verdini, che è un tipo socievole. Si farà, se si farà, e sarebbe la maniera più plateale per mandare in archivio le ultime ruggini nel Salvimaio e poter cantare «ricominciaaamooo» (copyright Pappalardo 79) come quando i due si adoravano prima che si rompesse tutto ma forse anche no, da Maccheroni che è la trattoria prediletta di Luigi o nel vicinissimo PaStation dove Matteo e Francesca fanno base ed è quasi casa di lei? Non solo l'eventuale location è ancora da decidere, ma bisogna anche vedere se davvero la coppia governativa è ricomponibile. Salvini è ben disposto: «Gli attacchi personali, e Di Maio non ha fatto che attaccarmi su tutto e non capisco che cosa gli è preso, difficilmente si dimenticano. Ma io ce la metterò tutta...». Anche Di Maio, sotto sotto, pur continuando a fare il duro perché la strategia comunicativa questo gli suggerisce, non parrebbe intenzionato a continuare il duello quotidiano a base di parolacce del tipo: «Più lavoro e meno str...». Se i numeri della sua sconfitta non saranno catastrofici, la voglia del nuovo abbraccio sarà più trascinante. E ciò che è accaduto finora sarà soltanto un ricordo, o la pessima scopiazzatura della Strana coppia: anche se Luigi non è Jack Lemmon e Matteo non è Walter Matthau. Pur somigliando a uno sketch di quest'ultimo quell'uscita di Salvini di alcuni giorni fa: «In questo governo siamo in due, e il marito vuole andare avanti». E subito la moglie lo ha gelato: «Dico a Salvini che non si deve montare la testa. Tra noi esiste solo un contratto di governo ma non mi sono innamorato di lui. Il mio amore è Virginia».
IL GELO
Prima dell'inizio della campagna elettorale, i due si chiamavano per nome di battesimo: «Ho grande stima e sento anche amicizia per Luigi». «Con Matteo lavoriamo davvero bene». Poi è arrivata la fase dei cognomi e anche del non nominare mai l'altro, come segno distintivo di disprezzo (finto), in una marmellata di sentimenti fatti di rivalsa e di nec tecum nec sine te vivere possum. E se prima si parlavano e si cercavano («Luigi mi ha chiamato per il mio compleanno e mi ha fatto tanto piacere»), poi soltanto brevi frasi, quasi non guardandosi in faccia, nei gelidi consigli dei ministri. E il traffico di sms e i whattsapp che li univa? Interrotto. Ma adesso Salvini rilancia: «Vorrei checi parlassimo di nuovo tanto, nel gruppo su WhatsApp». Come nelle relazioni nate per caso, con il passare dei mesi sono emersi i diversi caratteri, ma quando non c'è amore vero è più semplice ricostruire un simulacro di coppia. E Matteo è conciliante: «Di Di Maio mi resta la bella esperienza di nove mesi di lavoro insieme, e non gli attacchi delle ultime settimane».
Il tandem reggeva finché Luigi, più giovane di 13 anni rispetto a Matteo, si affidava e si fidava dell'altro («La nostra è una rivoluzione epocale e gentile, siamo d'accordo su tutto»). Ma quando Di Maio si è accorto che Salvini gli stava scavando la fossa s'è ribellato, tra lo stupore dell'altro: «Ma a Di Maio che cosa gli ha preso?». Il capo leghista continua a mantenere l'atteggiamento da fratello maggiore: «Io non lo attacco mai, e spero che lui da lunedì si calmi». Risposta: «Non sono io che insulto lui, è lui che insulta me». E Salvini: «Comunque spero che M5S arrivi secondo e non terzo dietro il Pd». Parole sincere, queste, perché il leghista, ma anche il pentastellato, non ha nessuna intenzione di rompere il sodalizio. Per tuffarsi in un centrodestra dove gli toccherebbe duellare con un Cavaliere (Silvio), che è un tipo più ostico e funambolico rispetto a Di Maio.
IL FILM
E comunque la coppia che funzionò rifunzionerà? Se uno dei due avesse visto qualche film in più, potrebbe rivolgere al collega, in questa storia del perdersi e del forse ritrovarsi, le parole inventate da Woody Allen in Io e Annie: «Amore è un termine troppo debole per noi. Ecco, io ti straamo, ti adamo, ti abramo...».
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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