Professor Duccio Martelli, oltre a essere docente aggregato di Economia degli Intermediari

Giovedì 22 Ottobre 2020
Professor Duccio Martelli, oltre a essere docente aggregato di Economia degli Intermediari Finanziari presso l'Università di Perugia e visiting professor alla Harvard University, lei è un esperto di finanza comportamentale. Come spiega quest'ulteriore spinta delle famiglie italiane verso i depositi bancari? La paura è comprensibile, ma di fronte a questi tassi i risparmi perdono valore mentre i consumi si riducono nonostante gli incentivi che il governo distribuisce.
«Nello scenario pandemico attuale l'unica certezza è davvero l'incertezza. Qualcosa che non si può gestire, anche dal punto di vista finanziario, non soltanto psicologico; al contrario del rischio, di fronte al quale è possibile fare previsioni e mettere in campo strategie. A ciò si aggiunge che nella nuova normalità di tassi quasi a zero, che va avanti dal 2016 e proseguirà per altri 3-4 anni, il denaro lasciato sul conto corrente perde valore. È il costo che paghiamo in Italia per essere il fanalino di coda in quella educazione finanziaria che dovrebbe spingerci ad affidarci a gestori professionisti. Prevale dunque l'aspetto emotivo: ciò che non è evidente agli occhi non ci permette di modificare i nostri comportamenti con effetti nel lungo termine. Di fronte alla paura il rifugio è la pura sopravvivenza».
Intende dire che la paura congela il nostro cervello e porta a comportamenti irrazionali?
«In realtà la paura ha anche effetti positivi sul nostro comportamento, se viene gestita in maniera corretta. Rappresenta infatti un'emozione primaria in risposta a uno stato di pericolo, surreale o anche solo percepito. È quello ha permesso alla specie umana di sopravvivere fino ad oggi. Se i nostri avi non avessero sentito la paura, non sarebbero stati in grado di proteggersi dai pericoli circostanti. Ma essendo la paura un'emozione primitiva, non può essere gestita a livello razionale. Una comunicazione basata solo su dati e numeri è totalmente inefficace».
Cosa serve dunque per fare leva sulla nostra parte emotiva e per comunicare con la parte razionale di un investitore o di un consumatore? La fiducia?
«Per comprendere il peso differente all'interno del processo decisionale dovuto all'emotività e alla ragione, si è soliti utilizzare l'immagine di un elefante con il suo conducente, dove l'animale rappresenta la nostra parte più primitiva e incontrollabile, mentre il portatore raffigura la nostra parte razionale. Quando l'elefante è agitato, il conducente può fare ben poco per indirizzare l'animale verso la direzione voluta. L'animale tenderà infatti a scegliere la strada che nel suo immaginario ritiene più sicura, anche se nella pratica così non è».
Tradotto in termini più chiari?
«Non basta distribuire denaro. Un consumatore spende quando si sente sereno sul futuro, sul lavoro, per esempio, quando ha la certezza di mantenere in futuro lo stesso tenore di vita di oggi. Stesso discorso per l'investitore: si priva di risorse investendole, se pensa di non averne bisogno domani o se è sicuro di poter rientrare dell'investimento».
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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