Pizzo, 25 episodi contestati a 2 carabinieri

Lunedì 24 Settembre 2018
Pizzo, 25 episodi contestati a 2 carabinieri
L'INDAGINE
CASTELFRANCO (TREVISO) «Se domani vuoi ancora tenere aperto devi pagare». Per alcuni di loro non c'era nulla di strano in questa minaccia. Pagare le forze dell'ordine per chiudere un occhio su eventuali anomalie ed evitare così sanzioni più pesanti se non addirittura la chiusura? Una prassi nel loro paese d'origine, la Repubblica Popolare Cinese. Figurarsi poi se gli passasse per la mente di denunciare. E a chi? Ai colleghi di quegli stessi carabinieri che ti chiedevano il pizzo? È in questo clima di omertà, non nuovo alla comunità cinese, che un brigadiere dei carabinieri della compagnia di Castelfranco Veneto, nel Trevigiano, Giuseppe Alù, 57enne di origini catanesi, avrebbe sguazzato indisturbato per diverso tempo taglieggiando, con la complicità di almeno un collega, decine di commercianti e imprenditori cinesi della Castellana. Non è un caso se ad alzare un velo sul comportamento del militare non sia stata la denuncia di una delle vittime, ma i sospetti seguiti in una segnalazione di un suo stesso collega che ha dato il via alle indagini condotte dai carabinieri dello comando castellano e del nucleo investigativo di Treviso. Sabato mattina sono stati gli stessi militari dell'Arma a notificare al brigadiere Alù l'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari chiesta dal sostituto procuratore Davide Romanelli e subito emessa dal gip del Tribunale. Il 57enne è accusato di concussione ma per lo stesso reato è stato indagato anche il collega con cui faceva coppia, mentre almeno altre due posizioni, sempre all'interno dell'Arma, sono tuttora al vaglio degli inquirenti.
IL PIZZO
Fare leva sull'omertà di baristi, negozianti e titolari di laboratori tessili, tutti rigorosamente cinesi, non era di certo un problema. Ma era sotto la pressioni di pesanti minacce e ritorsioni, come la possibilità di vedersi chiudere l'attività per irregolarità vere o inventate che fossero, che gli imprenditori aprivano il portafogli e pagavano, rigorosamente in contanti. Niente tariffario: c'era chi metteva 50, chi 100, e chi fino ad 800 euro per chiudere la pratica, almeno fino al successivo controllo. E ci sono state pure occasioni in cui gli indagati, non contenti di quanto ricevuto, avrebbero preteso un esborso maggiore. Ma anche in quei casi le vittime non avrebbero fatto altro che riaprire il portafogli e accontentarli, senza nulla da obiettare. Al momento, stando a quanto emerso, sarebbero circa 25 gli episodi di concussione contestati dagli uomini del nucleo investigativo e della stessa compagnia di Castelfranco, mossisi subito dopo aver ricevuto la segnalazione di un collega di Alù. Non una delle vittime, infatti, aveva mai avuto il coraggio di farsi avanti.
LE TESTIMONIANZE
L'indagine interna è partita la scorsa primavera. I militari si sono subito resi conto che non solo la segnalazione ricevuta era corretta, ma che le richieste di denaro agli imprenditori cinesi andavano avanti da diverso tempo. E non avevano riguardato solo episodi legati a controlli nei negozi o nei capannoni, ma anche situazioni diverse, ad esempio quando alcuni cittadini della Repubblica Popolare vennero beccati al volante senza patente e furono convinti a pagare subito per evitarsi sanzioni più salate e problemi con la giustizia. Un po' come accade ancora, purtroppo, in alcuni paesi dell'Est Europa. Gli accertamenti dei carabinieri hanno subito trovato conferme nelle dichiarazioni di due imprenditori cinesi che hanno confermato di esser stati costretti a consegnare del denaro sotto la minaccia di futuri controlli, «in cui qualcosa di irregolare sarebbe di sicuro saltato fuori». «Paga - si sarebbero sentiti dire dal brigadiere - se domani vuoi tenere aperto». E sia loro, sia le successive vittime sentite in seguito (le indagini sono durate tutta l'estate), hanno riconosciuto fotograficamente la coppia di militari che chiedeva loro il pizzo: il brigadiere Alù e il suo collega, D.I. (la cui posizione sarebbe però meno compromettente, per quello non è stato destinatario di misure), entrambi in forza alla compagnia castellana.
PULIZIA
L'indagine, ormai di dominio pubblico, ha suscitato un certo imbarazzo nell'Arma. «Ma siamo stati noi a scovare le mele marce e a fare pulizia - si sussurra tra i corridoi dei comandi trevigiani - e chi ha sbagliato deve pagare. L'importante è che la gente continui ad avere fiducia nei carabinieri e in chi, ovvero la stragrande maggioranza dei militari, lavora con abnegazione e onestà». Già nei prossimi giorni il brigadiere Alù verrà sentito dal gip per l'interrogatorio di garanzia. Lì si capirà come vorrà difendersi dalle pesanti accuse. «Ho ricevuto l'incarico ieri - afferma il suo legale, l'avvocato Lucio Zarantonello -. Andrò presto a trovarlo ma abbiamo 10 giorni per lavorare e capire bene come muoverci».
Alberto Beltrame
Roberto Ortolan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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