Più agevole la strada per votare insieme la mozione di maggioranza: i dubbi M5S

Venerdì 6 Dicembre 2019
IL RETROSCENA
ROMA Dieci ore di negoziato e la soddisfazione di aver rimesso in fila tutta una serie di argomenti che l'Italia dei governi che durano un anno, aveva lasciato un po' andare. Quando a notte fonda Roberto Gualtieri lascia la riunione dell'Eurogruppo e si presenta davanti alle telecamere, ha già parlato con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
I PONDERATI
Essere riusciti a tenere aperto il negoziato sulle clausole di azione collettiva (Cacs) e aver ottenuto dal presidente dell'Eurogruppo Centeno che nella trattativa sull'unione bancaria non si parte dalla proposta tedesca, lo si considera un successo in via XX Settembre e a palazzo Chigi. Molto peso nella trattativa è stato dato ai contenuti della lettera attraverso la quale il presidente dell'Eurogruppo informa il presidente del Consiglio europeo Charles Michel in vista del vertice a Ventotto della prossima settimana. E nella lettera non si parla di ponderazione del debito mentre si assicura che in caso di ristrutturazione del debito resta integra la discrezionalità del Paese.
Anche se il testo della riforma non cambia, Gualtieri rientra a Roma portando con sè quello spazio in grado di permettere alla maggioranza di ritrovarsi su una mozione comune. E così, anche se serviranno «mesi per capire se il pacchetto è favorevole al governo», come sostiene la sottosegretaria Laura Agea, il M5S ammorbidisce di molto i toni proprio perché il negoziato non si chiuderà con il consiglio europeo della prossima settimana, ma proseguirà nella riunione di fine gennaio. Prima occorrerà però votare - come sempre accade a ridosso di un consiglio europeo - una mozione in Parlamento. L'appuntamento è per mercoledì prossimo, ma già ieri Di Maio ha dato il via libera ad una mozione unitaria che verrà concordata dalla sottosegretaria Agea con i capigruppo di maggioranza.
Uno spiraglio che mette al riparo il governo e, soprattutto la manovra di bilancio, da una possibile crisi di governo. Ciò che dopo una settimana resta poco chiaro è la natura altalenante del M5S sull'Europa. Mentre per la Lega non sembrano esserci dubbi, viste ieri le sortite anti-euro del presidente della Commissione Bilancio Claudio Borghi, i 5S continuano a stare nel guado anche se dalle parti di +Europa non sembrano avere dubbi. Poichè «il Mes non è la Spectre», come ironicamente dice il ministro dell'Economia, ma è fatto di Paesi che hanno ognuno il diritto di veto, le settimane che verranno serviranno anche a fare chiarezza sulle molteplici inesattezze che hanno animato il dibattito in questi giorni.
La serie di riserve procedurali, la contesa sulla natura del salva stati e il suo rango di allegato o dichiarazione comune, hanno permesso all'Italia di ottenere uno slittamento tattico al nuovo anno anche se poi occorreranno almeno due mesi per concordare le 24 traduzioni e accertarne i contenuti.
LA DOSE
Anche se è facile immaginare che anche il Mes finisca nella lunga serie di questioni da chiarire tra alleati in vista del nuovo anno. E' per questo che attribuirsi dei meriti ora, potrebbe risultare pericoloso o quantomeno fuorviante. Di Maio però lo fa e rivendica il successo del rinvio ottenuto grazie a «quel mandato forte», come lo chiama il sottosegretario Andrea Martella, che Conte ha dato a Gualtieri.
Per un governo che aspira a completare la legislatura, il via libera da dare o meno al Mes non è risolto ma solo rinviato a gennaio del prossimo anno. A palazzo Chigi sono convinti che si troverà un'intesa con i partner europei e quindi anche all'interno della maggioranza, ma sulla dose di europeismo grillino occorrerà un chiarimento.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci