Pedinati per un anno dagli agenti finti turisti poi è scattata la trappola

Venerdì 17 Settembre 2021
L'INCHIESTA
UDINE Pietro D'Antonio è in carcere al Coroneo di Trieste, a due passi dall'ufficio del gip Manila Salvà, che questa mattina lo attende per l'interrogatorio di garanzia. Risponderà a qualche domanda? Se l'avvocato Paolo Bevilacqua ha già potuto visionare gli atti del fascicolo, aperto dalla Procura antimafia contestando estorsioni aggravate dal metodo mafioso tra le bancarelle dei mercati, si sarà imbattuto in un'enorme mole di annotazioni di polizia giudiziaria e plichi di intercettazioni telefoniche e ambientali. Pierino D'Antonio, 60 anni, campano di Cercola che da quasi 40 anni vive tra Veneto e Friuli, è stato intercettato e monitorato per un anno dagli investigatori della Dia di Trieste. Come si difenderà? Come replicherà a intimidazioni, pestaggi e minacce che sono stati registrati e perfino filmati?
IL SEGNALE
La richiesta di misura cautelare firmata dal sostituto procuratore Massimo De Bortoli è composta da alcune centinaia di pagine, solitamente queste sono indagini dai tempi lunghi, ma quando il colonnello Giacomo Moroso ha cominciato a fotografare una situazione di prevaricazione, ostruzionismo e soggezione sempre più alta, si è deciso di intervenire per dare un segnale alla popolazione e ai pochi ambulanti che si erano opposti al volere di D'Antonio, considerato figura apicale del gruppo, sostenuto da Gennaro Carrano, anche lui napoletano, 73 anni, di Bibione, che dal gip sarà interrogato oggi, così come il figlio Renato D'Antonio, il nipote Beniamino D'Antonio e Salvatore Carrano, di Pertegada. Domani sarà la volta di Salvatore e Raffaele Biancolino, del presidente dell'Ascom Giuseppe Morsanuto e di Zefferino Pasian.
FINTI TURISTI
Il gruppo sta per scoprire che le minacce alla Pro Lido del Sole e agli ambulanti dei Giovedì del sole sono state filmate e osservate in prima persona dagli investigatori. Mentre D'Antonio girava al mercato scortato da due forzuti guardaspalle, gli uomini della Dia fingevano di essere turisti e gli camminavano a fianco in infradito e pantaloncini mangiando noccioline e gelati. Hanno visto tutto. Dal blitz con i camion di proprietà dei D'Antonio, per bloccare la strada e impedire il mercato, fino alle ricognizioni organizzate per mettere paura e soggezione agli ambulanti che non facevano parte del gruppo, quelli di Udine e Lignano, che a Bibione non dovevano mettere piede perché non erano più i tempi in cui «era tutta un'unica famiglia».
BIBIONE COME NAPOLI
È soltanto da intercettazioni e pedinamenti che emerge la volontà di appropriarsi del territorio per imporre le proprie direttive sull'assegnazione dei posti al mercato di Bibione, escludendo gli ambulanti friulani colpevoli di non aver assegnato ai napoletani di D'Antonio, in occasioni di manifestazioni fieristiche, posti ottimali nelle loro località. Nessuno ha mai denunciato pressioni ai carabinieri o altre forze dell'ordine. Gli ambulanti avevano taciuto perché avevano paura. Perché D'Antonio - secondo gli inquirenti - aveva spostato un pezzo di Napoli al mercato di Bibione riproponendo usi e stili di vita. Comprese le spedizioni punitive per chi non si allineava.
I GIOVEDÌ
Nel 2020 la Dia ha registrato tutto ciò che succedeva dalle 17 in poi al mercato del Lido del Sole. A volte sapeva anche che cosa sarebbe successo, come quella sera che era stato programmato il ribaltamento della bancarella dei dolci dell'ambulante che continuava ad aprire nonostante il divieto di D'Antonio, il quale voleva posti assegnati soltanto ai napoletani a lui fedeli. Sono arrivati con una trentina di giovani pronti a entrare in azione, ma quella sera, stavolta con tanto di divisa, il mercato era presidiato dalla Polizia locale e la spedizione punitiva è naufragata.
GLI SVILUPPI
Secondo la Procura, le armi trovate durante le perquisizioni dell'altro ieri confermerebbero che il gruppo era senza scrupoli. La pistola con matricola abrasa era nel magazzino di Gruaro dei D'Antonio. E nella stanza in cui il nipote Beniamino dormiva a Pordenone, sono stati trovati dei bastoni telescopici. Altri avevano coltelli e tirapugni. C'è poi il filone fiscale-tributario aperto dalle 100mila corone della Repubblica Ceca trovate sotto il letto di D'Antonio, nella sua casa di Latisana. Se ne occuperà la Guardia di finanza di Trieste, guidata dal colonnello Leonardo Erre. Si lavorerà a un'ipotesi di autoriciclaggio, perché D'Antonio vendendo in nero merce contraffatta e usando fatture false, avrebbe accumulato un patrimonio notevole depositato in conti correnti cechi.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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