Pd, l'incubo del 5 a 1 la Toscana in bilico fa tremare il governo `

Sabato 19 Settembre 2020
IL RETROSCENA
ROMA Se la politica seguisse soltanto la logica, il governo di Giuseppe Conte non subirebbe contraccolpi dal voto di domani e lunedì su referendum ed elezioni regionali. Qualunque fossero il risultati.
Per due ragioni. La prima: il premier, che si è tenuto ben distante dalla campagna elettorale, è riuscito in luglio a staccare a Bruxelles un assegno da 209 miliardi per la ricostruzione post-pandemia e il rilancio socio-economico dell'Italia. E la forza e l'inerzia di questa valanga di fondi è tale, che nessun leader rosso-giallo (e neppure le Cancellerie europee) vorrebbe una crisi che ritarderebbe la redazione dei Recovery plan e passerebbe nelle mani degli euroscettici sovranisti Matteo Salvini e Giorgia Meloni il tesoro europeo. La seconda ragione: nel 2022 si eleggerà il nuovo capo dello Stato e non c'è un solo esponente dem, grillino, renziano o di Leu disposto ad affrontare l'azzardo di elezioni politiche che, probabilmente, consegnerebbero al centrodestra le carte per scegliere il successore di Sergio Mattarella.
Eppure la crisi del Conte-bis, anche se decisamente improbabile, non è del tutto da escludere. Non tanto nell'ipotesi (al momento fuori dai radar) che vincesse il no nel referendum per il taglio dei parlamentari: per i 5Stelle - che hanno già messo in conto una nuova batosta alle regionali - il colpo sarebbe così devastante che, come dicono al Nazareno, «i grillini si trincererebbero in Parlamento, certi di non tornarci, e si aggrapperebbero con le unghie e con i denti al governo». A innescare la crisi potrebbe essere altro. Potrebbe essere la vittoria in Toscana della leghista Susanna Ceccardi, data testa a testa con il candidato del centrosinistra Eugenio Giani.
IL «GRANDE PERICOLO»
«E questo perché», come spiega un alto esponente del Pd vicino al leader Nicola Zingaretti, «il segretario ci ha messo la faccia, ha lottato come un leone per provare a stringere l'alleanza con i 5Stelle. E non ha davvero alcuna colpa. Tanto più che Giani è stato scelto da Renzi e Luca Lotti. Ma la Toscana ha il valore simbolico che ebbe l'Emilia Romagna, è una sorta di trincea. Se perdi la roccaforte rossa, amministrata da 50 anni dalla sinistra, può crollare tutto...».
Ecco il punto: il rischio che il Pd esca in macerie, «destabilizzato» dal voto di domani e lunedì. Con l'innesco di una resa dei conti interna, per la verità già avviata. Richieste a raffica di dimissioni. Un congresso da fissare e celebrare. Un aspirante segretario, il governatore emiliano Stefano Bonaccini, già da tempo ai nastri di partenza. «E se questo accade», sospira un ministro di rango del Pd, «una crisi non è da escludere, considerata anche la scelta dei 5Stelle di farci la guerra ovunque, tranne che in Liguria: con un presunto alleato che si fa nemico e ti fa perdere, sarebbe difficile continuare a governare...». Per dirla con Zingaretti: «Non si può stare al governo da avversari».
Diverso sarebbe se la Toscana restasse rossa. Se, come spera il segretario dem, scattasse il voto utile, ovvero disgiunto. Con gli elettori grillini che, per non far vincere i candidati della destra, scegliessero Giani in Toscana, Maurizio Mangialardi nelle Marche e Michele Emiliano in Puglia: queste ultime due Regioni (attualmente amministrate dal centrosinistra) sono in bilico al pari della Toscana. Non a caso Zingaretti ha scelto Macerata per chiudere la campagna elettorale e ripetere il suo appello «a fare muro» contro Salvini e Meloni.
Se finisse così, il risultato finale sarebbe un 4 a 2. Veneto e Liguria, dove i governatori uscenti Luca Zaia e Giovanni Toti vengono dati saldamente in testa, al centrodestra. Toscana, Marche, Puglia e Campania (Enzo De Luca non sembra avere rivali) al centrosinistra. Che è poi la fotografia della situazione presente. «Ma anche un pareggio, un 3 a 3», dice un altro ministro del Pd, «sarebbe un ottimo risultato. Ed è il più probabile. L'importante è evitare il 5 a 1, con la sola Campania ancora sinistra. In questo caso, altro che rimpasto o tagliando di governo, rischierebbe di venire giù tutto».
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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