Ospedali di comunità e cure domiciliari il Pnrr cambia il sistema sociosanitario

Lunedì 14 Giugno 2021
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Tutto questo con l'obiettivo di sostenere il rilancio dopo il Covid. L'analisi è stata illustrata dal professor Vincenzo Rebba, docente di Scienza della finanza all'Università di Padova, al convegno promosso dalla Cgil sulla necessità di passare dalla gestione dell'emergenza al potenziamento strutturale del sistema pubblico.
CAMBIO DI ROTTA
La premessa di Rebba è che il Pnrr «delinea un cambio di rotta nelle politiche sanitarie nazionali con una maggiore attenzione alla necessità di riorganizzare e potenziare l'assistenza territoriale», cioè proprio quella che «è stata determinante nel limitare i danni della pandemia». La missione 6 del Piano, dedicata alla salute, prevede a livello nazionale lo stanziamento di 15,63 miliardi, suddivisi fra i 7 per le reti di prossimità, le strutture e la telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale, e gli 8,63 per l'innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a cui se ne aggiungono 1,71 del programma React Eu e 2,89 del fondo complementare, per un totale di 20,22 miliardi. La missione 5, destinata al sociale, include poi 500 milioni per il sostegno alle persone anziane e fragili.
LE MISURE
Ma come saranno spesi questi soldi, da qui alla metà del 2026? Il primo filone di investimento riguarda la Casa della comunità, pensata per coordinare i servizi offerti sul territorio, in particolare ai malati cronici, anche attraverso un'infrastruttura informatica e con il concorso di una squadra multidisciplinare formata da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di famiglia, altri professionisti della salute e assistenti sociali. È prevista l'attivazione in Italia di 1.288 strutture, che in Veneto sono equiparabili al modello delle medicine di gruppo integrate. Qui occorrerà arrivare a 105, rispetto alle attuali 77, per cui al momento è già operativo il 73,33% della lista, contro una media nazionale del 38,28%.
La seconda misura coinvolge l'assistenza domiciliare, allo scopo di aumentare il volume delle prestazioni fino a prendere in carico il 10% della popolazione ultra 65enne, secondo le migliori prassi europee. Per il Veneto, dove fra cinque anni è stimata la presenza di 1.248.140 anziani, si profila un'assistenza domiciliare per 124.841, pari a un incremento di un quarto.
Il terzo filone consiste nell'apertura in tutta Italia, già entro il secondo trimestre del 2024, di 602 Centrali operative territoriali e cioè 1 ogni 100.000 abitanti, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l'interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza. In Veneto servirà inaugurarne 49, rispetto alle attuali 10. «Nell'emergenza Covid-19 ha osservato Rebba hanno favorito l'integrazione tra le varie strutture aziendali, facilitando la connessione dei processi e la tracciabilità dei vari percorsi».
LA CRITICITÀ
Il quarto fronte, contenente una criticità, consiste nell'attivazione complessiva di 381 Ospedali di comunità e di corrispondenti 7.620 posti letto. «La distribuzione ha spiegato il docente è stata effettuata in proporzione alla popolazione, senza tener conto di quelli già attivati, per cui la dotazione di posti letto tra le Regioni al 2026 sarà molto differenziata: le Regioni che sono partite prima con gli Odc avranno una dotazione maggiore delle altre, ma anche maggiori oneri di gestione non coperti dal Pnrr». È il caso del Veneto, che ha già 69 ospedali con 1.426 posti e dovrà aggiungere 31 strutture con 621 letti, per cui passerà da 0,291 a 0,417 disponibilità ogni mille abitanti, quasi tre volte la media italiana di 0,179. Onori e oneri: «Per l'avviamento e il funzionamento a regime dei nuovi servizi ha avvertito il professor Rebba si dovrà assumere e formare il personale e provvedere a finanziare i costi di gestione».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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