Ora la difesa punta a Strasburgo per la revisione della condanna

Mercoledì 1 Luglio 2020
IL RICORSO
ROMA Lo scopo è ottenere la revisione del processo, dimostrando che, nel 2013, quando venne condannato dalla Cassazione per frode fiscale, Silvio Berlusconi non aveva davanti una giuria imparziale, ma «un plotone d'esecuzione» pronto a condannarlo in modo acritico. E per farlo, gli avvocati del Cavaliere hanno arricchito di un nuovo capitolo il ricorso - già pesantissimo - presentato nel gennaio 2014 alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. A scatenare il dibattito non ci sono solo gli audio in cui il giudice Amedeo Franco, relatore della sentenza del 2013, parla di un verdetto «manovrato dall'alto» e, appunto, di cecchini pronti a colpire. C'è anche un verdetto del Tribunale civile di Milano che ha negato a Rti e Mediaset di ottenere dal produttore americano Frank Agrama, coimputato del leader di FI prosciolto per prescrizione dall'accusa di appropriazione indebita, 113 milioni di euro.
LA SENTENZA
Quel processo è stato perso, ma proprio per questo motivo, secondo gli avvocati, smentirebbe ciò che sostenne 7 anni fa la Cassazione. La condanna per frode fiscale si basava infatti sul presupposto che Mediaset avesse comprato film americani attraverso la finta mediazione di Agrama, pagandoli molto meno di quello che lui fece risultare. La differenza sarebbe stata spartita tra Mediaset - che ha pagato meno tasse - e l'imprenditore, che avrebbe depositato la somma in un conto svizzero. Il Tribunale civile, sottolinea la difesa di Berlusconi, nel negare la restituzione del denaro a Mediaset sostiene che Agrama fosse un vero intermediario e dunque «l'interposizione fittizia contestata nei capi di imputazione non sussiste». Per la Cassazione, invece, la frode consisterebbe nella «perdurante lievitazione dei costi di Mediaset a fini di evasione fiscale».
Secondo il collegio difensivo - composto dagli avvocati Franco Coppi, Niccolò Ghedini, Andrea Saccucci e Bruno Nascimbene -, ci sarebbero abbastanza prove per dimostrare che quel verdetto non veritiero. Se la Cedu dovesse dare loro ragione, si spalancherebbero le porte per ottenere la revisione. «I giudici potrebbero non annullare la sentenza, ma individuare eventuali lesioni al diritto di difesa o offrire elementi per un eventuale revisione del processo», ha detto il professor Coppi.
LE REPLICHE
Intanto, dopo la diffusione dell'audio di Franco - «Berlusconi ha subito una grave ingiustizia», «hanno fatto una porcheria», «c'è stata una malafede del Presidente» - è arrivata la replica del giudice Antonio Esposito, che presiedeva la III sezione, la III feriale: «Non ho mai, in alcun modo, subito pressioni né dall'alto né da qualsiasi altra direzione», ha detto. Il professore Coppi, invece, ha dichiarato: «Sono sempre stato sorpreso da quella sentenza. Una decisione che andava contro la giurisprudenza che quella sezione della Corte di Cassazione aveva ed ha sempre applicato e che era in favore della tesi di Berlusconi». Una ricostruzione falsa, secondo Esposito: «Non è assolutamente vero che la III sezione avesse adottato in casi analoghi decisioni di segno diverso. È vero esattamente il contrario tant'è che i precedenti della sezione vengono riportati in motivazione». E gli audio di Franco? «Una cosa del genere non mi era mai capitata in tutta la mia lunga carriera - aggiunge Coppi - Il giudice Franco è sempre stato considerato come un magistrato preparato e un galantuomo. È evidente che si sia trovato in minoranza in camera di consiglio, una camera di consiglio dove, a sentire lo stesso relatore, non ci fu neanche discussione». Ma su questo punto il Esposito afferma che «la sentenza fu adottata all'unanimità: Il giudice Franco prese parte, unitamente agli altri componenti, alla stesura della motivazione, approvata all'unanimità, in un'apposita camera di consiglio di cui venne redatto verbale sottoscritto da tutti i componenti che poi sottoscrissero la motivazione firmando ogni foglio della sentenza».
Michela Allegri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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