Ong, è braccio di ferro Lifeline ferma al largo

Domenica 24 Giugno 2018
IL CASO
ROMA Due navi, tra le quali il mercantile Alexander Maersk ferme in mare in attesa di indicazioni. E un pericoloso scontro sul destino di altre imbarcazioni dietro l'angolo, almeno fino alla conclusione del vertice europeo concentrato proprio sul tema delle migrazioni.
L'unico spiraglio è stato aperto per gli ospiti del mercantile ancorato al largo del porto di Pozzallo. L'imbarcazione carica di container e di proprietà del colosso danese Maersk line, tra i principali nel settore del trasporto container (fattura 32 miliardi di dollari l'anno) ha preso a bordo 110 persone inizialmente raccolti dalla Lifeline, mentre la nave umanitaria era impegnata in altri salvataggi. Una scelta dettata dalla situazione di emergenza, ha comunicato l'imbarcazione alla Guardia costiera che ha coordinato la navigazione fin quasi all'ingresso in porto. Qui è stato il Viminale, competente nella scelta del luogo di approdo (ovvero del cosiddetto pos) a imporre lo stop anche se da palazzo Chigi fanno capire che la situazione non è destinata a prolungarsi ed un certo peso nella linea dura potrebbe averla la giornata elettorale. L'indicazione del governo alla Guardia costiera è di applicare rigidamente le norme internazionali, come è accaduto con la Lifeline invitata a coordinarsi prima di tutto con Tripoli.
TRENTA: «IL RUOLO LIBICO»
Sul caso della nave ong la situazione è più complicata e la compattezza, tra le due anime di governo, maggiore: il vascello è bloccato nelle acque Sar maltesi da due giorni, ma La Valletta ha ribadito di non aver alcuna intenzione di accogliere la nave. Il titolare dei trasporti, Danilo Toninelli e Matteo Salvini fanno sapere di aspettare un nuovo intervento dalla Spagna e che, in ogni caso, se dovesse avvicinarsi all'Italia l'imbarcazione rischia di essere sequestrata perché «fuorilegge». Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, intervistata da Maria Latella su Skytg24, ha ribadito che la nave umanitaria tedesca con bandiera olandese e 239 persone a bordo, potrebbe aver violato le convenzioni internazionali: «Se parliamo del tratto di mare vicino alla Libia, delimitato e che chiamiamo area Sar, lì la competenza è della Guardia costiera libica, che tra l'altro è stata formata dalla nostra Guardia costiera». La Lifeline, intervenuta in acque Sar rivendicate dalla Libia, ha sostenuto che le motovedette nordafricane non erano attrezzate al salvataggio, non avendo a bordo neppure i giubbotti di salvataggio. Il comandante della natve, Klaus Peter, in un video pubblicato on line, sfida il titolare del Viminale: «Se vuole arrestarmi può venire a prendermi. Vorrei invitare il signor Salvini a fare un viaggio con noi, solo così si potrà rendere conto dello scenario drammatico in mare. Siamo tutti volontari».
LE ALTRE ONG
Al momento, nessuna delle ong impegnate nel salvataggio in mare ha abbandonato il Mediterraneo. Dopo il viaggio verso la Spagna, la Aquarius è nuovamente nell'area Sar libica, La Sea watch e la Seefuchs sono ormeggiate a Malta per riparazioni e rifornimenti, la Open Arms è poco a nord rispetto all'ex colonia britannica. «Queste navi si possono scordare di raggiungere l'Italia, stroncherò scafisti e mafiosi», ha scritto su Facebook Salvini. «Non abbiamo intenzione di interrompere le missioni umanitarie finché le persone continueranno a morire in mare - ribatte Ruben Neugebauer, coordinatore della missione Sea Watch - è l'Unione europea che deve farsi carico di questa situazione e decidere il destino delle persone soccorse». Msf, che ha personale a bordo della Aquarius, ha inviato un messaggio di solidarietà: «Dopo la dolorosa odissea della nave inviata a Valencia, siamo preoccupati per la nuova paralisi negoziale».
Sara Menafra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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