No ai big delle costruzioni legati ai concessionari Gemme commissario

Sabato 29 Settembre 2018
IL CASO
ROMA Tutte escluse o quasi. Nel giorno del via libera del Quirinale al decreto per Genova e dell'investitura di Claudio Gemme a commissario, si scopre che quasi tutte le imprese di costruzioni italiane sono escluse dalla gara per la ricostruzione del ponte. Un divieto, inserito nell'ultima versione del provvedimento, che aveva sollevato più di un dubbio tra gli uffici legali del Mit, ma che ora, con la bollinatura del Colle, diventa realtà. Il caso per la verità era stato sollevato anche dal governatore della Liguria, Giovanni Toti, che aveva messo in guarda dal procedere in questa direzione, accantonando da subito, come chiesto dai 5Stelle, la possibilità di far ricostruire il viadotti al tandem Fincantieri-Autostrade. Adesso, teme Toti, il rischio di ricorsi per violazione della concorrenza e delle norme Ue si alza a livelli di guardia. Anche se il governo è convinto di poter ottenere da Bruxelles una deroga vista l'eccezionalità della situazione.
IL PERCORSO
Accanto al riscorso dato per scontato di Autostrade per l'Italia, si aggiungeranno probabilmente molti altri, Del resto il decreto parla chiaro. E all'articolo 1 comma 7 stabilisce che si possono affidare i lavori solo a «operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste controllate o collegate». Tagliando fuori così non solo Pavimental del gruppo Atlantia, ma di fatto quasi tutte le più grandi imprese di costruzione italiane. L'elenco è lungo. Salini Impregilo, Astaldi, Cmc, Pizzarotti, Cmb, Itinera, Toto: tutte hanno partecipazioni in concessionarie autostradali, in Italia o all'estero. Escludendo le imprese in crisi (Condotte, Trevi, Glf, Mantovani, e quelle che non fanno ponti (come Ghella, specializzata in gallerie), o non fanno ponti in acciaio (Rizzani de Eccher è specialista di quelli in calcestruzzo), tra i big italiani resta praticamente solo Cimolai.
I VINCOLI
Tanto per fare qualche esempio: Salini Impregilo controlla il 47% della società che deve realizzare e gestire il Passante Dorico, ad Ancona, oltre a quattro autostrade in Argentina e due in Colombia. Astaldi gestisce due autostrade in Turchia. Pizzarotti controlla il 10% della Teem Spa, la società che ha in carico i 32 km della Tangenziale Est Esterna di Milano. Anche Cmc Ravenna, prima cooperativa edilizia italiana e tra le prime 5-6 società di costruzione in Italia, ha una quota del 3% nella Teem, e così la Cmb di Carpi (4%). La Itinera di Tortona è controllata dal Gruppo Gavio (numero due delle autostrade in Italia) e la Toto costruzioni fa parte del Gruppo che controlla Strada dei Parchi, concessionaria della A24-A25. Ghella, anch'essa tra le prime imprese italiane, è super-specializzata in gallerie, ma non in ponti.
Restano a questo punto, tra i big, Rizzani de Eccher e Cimolai. La scelta sarà ristretta visto che Rizzani de Eccher fa ponti in calcestruzzo, mentre l'esigenza di fare presto sembra rendere preferibile la soluzione in acciaio. A quel punto resterebbe in campo solo la Cimolai di Pordenone, circa 500 milioni di euro di fatturato, più della metà all'estero, impresa conosciuta a livello mondiale nelle strutture complesse in acciaio (edifici e infrastrutture). A cui si potrebbe affiancare, come vuole il governo, Fincantieri e Italferr, per avere il massimo controllo pubblico. Una partita non facile, una corsa contro il tempo, visto che la commissione Ue ha già acceso un faro sulla procedura di gara vista l'entità dei lavori che spetterà al commissario Gemme sbrogliare.
Umberto Mancini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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