NEW YORK Arriva il momento atteso dal Paese, se non dal mondo intero, e ancora un volta le conclusioni non sono nero-su-bianco. Il rapporto Mueller, il documento conclusivo dell'indagine del procuratore speciale sulle interferenze russe nelle presidenziali Usa 2016 e sui sospetti di ostruzione della giustizia da parte di Donald Trump, porta a galla numerose azioni sia del presidente che dei suoi collaboratori, che possono apparire come saporiti bocconcini alle varie Commissioni della Camera, ora in mano democratica e molto agguerrite contro il presidente. Se infatti il ministro della Giustizia William Barr, in una inusuale conferenza stampa prima dell'uscita del rapporto, ha calorosamente difeso il presidente, di fatto assolvendolo su tutto e asserendo che non c'è stata collusione con i russi e non c'è stata ostruzione della giustizia, il rapporto dice a chiare lettere che le conclusioni dei quasi due anni di inchiesta sono meno certe. Quanto alla collusione, Mueller ricostruisce il lungo e profondo lavorio russo per insinuarsi nelle elezioni, ma circa l'ipotesi di collaborazione con la squadra di Trump dice che «le prove non erano sufficienti», e lamenta che i collaboratori di Trump «hanno mentito sia all'ufficio del procuratore speciale che al Congresso».
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