Ndrangheta, così l'imprenditore fu incastrato dagli albanesi

Domenica 17 Febbraio 2019
L'INCHIESTA
VENEZIA Ad incastrare Francesco Crosera ha contribuito anche la testimonianza di due albanesi di 28 e 35 anni, i quali hanno raccontato agli investigatori di essere stati contattati nel 2017 dal proprietario dell'omonimo cantiere nautico di Portegrandi, il quale avrebbe anticipato loro 40 mila euro per dare fuoco allo yacht Terry I, dopo vari tentativi andati a vuoto da parte dei calabresi, affiliati alla Ndrangheta, ai quali in precedenza si era rivolto.
Tutti i dettagli dell'incredibile vicenda sono ricostruiti dai carabinieri del Ros nelle quasi duecento pagine di cui è composta la relazione conclusiva dell'inchiesta, sulla base della quale il pm Paola Tonini ha chiesto e ottenuto l'arresto di Crosera, da sei giorni agli arresti domiciliari, per l'accusa di tentato incendio.
I due albanesi hanno raccontato che volutamente non diedero seguito all'accordo: incassato l'anticipo, contattarono il proprietario dell'imbarcazione, un imprenditore italiano con residenza in Svizzera (che aveva fatto causa al cantiere di Portegrandi contestando gravi difetti costruttivi) e gli chiesero 60mila euro per non bruciare lo yacht e per fornirgli una registrazione che proverebbe il ruolo di Crosera nel progetto criminoso. La coppia ha spiegato di aver voluto vendicarsi di Crosera in quanto in precedenza l'imprenditore aveva versato loro soltanto il 30 per cento di quanto inizialmente pattuito per precedenti lavoretti commissionati. Ai carabinieri del Ros hanno fatto riferimento, in particolare, all'incendio di una Jaguar di proprietà del titolare della Marina di Portegrandi, darsena confinante con il cantiere di Crosera, con il quale aveva un contenzioso in atto. Questo episodio, avvenuto nel novembre del 2017, non è stato contestato nell'ordinanza di custodia cautelare eseguita martedì scorso, ma è probabile che vi siano approfondimenti in corso.
I VERBALI
«Crosera si è dimostrato assolutamente privo di scrupoli e disposto a ricorrere a metodi violenti pur di far valere le proprie ragioni o comunque per vendicarsi nei confronti dei soggetti con cui entrava in contrasto», scrivono i carabinieri del Ros, facendo riferimento ad altre rivelazioni fatte da uno dei due albanesi, il quale ha raccontato di essere stato successivamente contattato da un connazionale, suo amico, il quale gli disse di essere stato ingaggiato da Crosera per ammazzarlo in quanto, dopo aver incassato l'anticipo di 40 mila euro, non aveva dato fuoco a Terry I.
I due albanesi, infine, hanno riferito di una presunta truffa assicurativa messa in atto alla fine del 2017, quando un furgone prese fuoco nelle pertinenze dell'abitazione di Crosera: vicenda anche questa tutta da approfondire. Il loro racconto è stato finora ritenuto credibile: in relazione alla vicenda dello yacht erano in possesso, infatti, di dettagli che soltanto Crosera poteva aver loro confidato, come i precedenti tentativi di incendio messi in atto dai calabresi, che nel 2015 riuscirono a danneggiare parzialmente Terry I, ormeggiata in Sardegna.
IL BENZINAIO
Il primo a svelare il ruolo di Francesco Crosera nel progetto criminoso è stato, nel maggio del 2017, un benzinaio veronese, una delle presunte vittime di Domenico Multari, il cinquantottenne residente a Zimella, in provincia di Verona, ritenuto un affiliato di spicco della Ndrangheta. Il benzinaio ha raccontato ai carabinieri che fu lo stesso Multari a confidargli di aver ricevuto da Crosera l'incarico di bruciare Terry I per evitare di dover pagare il risarcimento richiesto per i gravi difetti costruttivi, e di aver accompagnato in auto il presunto boss calabrese (che non ha la patente) ad alcuni incontri con l'imprenditore nautico di Portegrandi.
Numerosi gravi indizi di colpevolezza, sulla base dei quali è stata emessa l'ordinanza a carico sia di Francesco Crosera che di Domenico Multari, oltre che di altri due calabresi, accusati di essere gli esecutori materiali del primo tentato incendio dell'aprile 2015. Nel richiedere la misura cautelare, i carabinieri sottolineano che la convivente di Crosera è una cittadina della Repubblica Ceca, Paese dove gestisce alcune società, evidenziando il possibile rischio che l'imprenditore possa trasferirsi all'estero.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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