«Movida, poteri ai sindaci» E loro: è uno scaricabarile Vietato lo sport di base

Lunedì 19 Ottobre 2020
IL RETROSCENA
ROMA Lunghe riunioni e un estenuante braccio di ferro tra l'ala rigorista dell'esecutivo, guidata dai ministri Dario Franceschini e Roberto Speranza, e quella meno intransigente composta dalla renziana Teresa Bellanova e dal grillino Alfonso Bonafede. In mezzo, ma non tanto, Giuseppe Conte che alla fine porta a casa una linea prudente e che salva i due perni intorno al quale si è cercato per tre giorni un difficile compromesso: tenere aperte le scuole e limitare la circolazione del contagio senza compromettere la tenuta economica e psicologica del Paese «perchè - spiega Conte - non possiamo permetterci un nuovo lockdown» e ora «la strategia non può essere quella della Fase1».
LA STRADA
Il faticoso compromesso, o «l'intenso dialogo», come lo definisce il premier, viene raggiunto solo nella tarda serata di ieri. Conte si presenta nel cortile di palazzo Chigi per illustrare le misure contenute nel Dpcm che alzano la guardia, come hanno chiesto i presidenti di regione e i sindaci che ora dovranno far rispettare molte delle disposizioni contenute nel Dpcm. A cominciare dalla potestà che viene data ai primi cittadini di chiudere strade e piazze particolarmente frequentate, dalle 21. Un provvedimento anti-movida che i primi cittadini non gradiscono anche se la chiusura di piazze e strade era stata già fatta anche durante la prima ondata.
In effetti molte delle misure enunciate ieri sera regioni e comuni avrebbero potuto già adottarle in autonomia. Compresa la chiusura di qualche piazza che è già avvenuto e che nulla ha a che fare con il coprifuoco, misura al quale palazzo Chigi non ha mai pensato preferendo provvedimenti chirurgici perché «la situazione è critica, ma il governo c'è» e ora tocca «a ciascuno fare la propria parte». Il presidente del Consiglio è consapevole «che ci sono ancora diverse criticità: «Facciamo 160 mila tamponi al giorno ma certo non possiamo tollerare le file di ore». Il nuovo pacchetto di misure coinvolge soprattutto bar e ristoranti che chiuderanno a mezzanotte, come peraltro previsto già nel dpcm precedente, ma apriranno alle 5 e chi non somministra ai tavoli chiude alle 18. I ristoranti dovranno affiggere il numero di clienti massimo consentiti e i tavoli non potranno avere più di sei coperti. Resteranno invece sempre aperti i locali sulle autostrade, negli ospedali e negli aeroporti. Il cibo di asporto sarà consentito entro le 24, mentre non hanno limitazioni le consegne a domicilio. Le sale bingo chiuderanno alle 21. Vietate le sagre, ma non le fiere internazionali.
Rimane vietato lo sport di contatto «e non sono consentite competizioni per attività dilettantistica di base».
Nella pubblica amministrazioni solo riunioni a distanza, salvo casi da giustificare, e aumento della quota di lavoro a distanza.
Su palestre e piscine il confronto nella maggioranza è stato aspro, ma grazie al ministro Spadafora, si è deciso di rinviare di una settimana per dare modo a chi non lo avesse ancora fatto di adeguarsi ai protocolli sanitari. Sulla scuola ha prevalso la linea della ministra Azzolina e di fatto non verrà toccata. Si continuerà quindi in presenza perchè è «un asset fondamentale del Paese» anche se si cercherà di favorire, per le scuole di secondo grado, «modalità flessibili di organizzazione didattica con ingresso dalle ore 9».
LA PANACEA
Per evitare, forse, di ritrovarsi tra due giorni a discutere di un nuovo dpcm, Conte precisa che «dovremo attendere giorni prima di vedere il risultato di queste misure». «Dobbiamo tutelare la salute - sottolinea Conte - ma anche l'economia nel segno dell'adeguatezza e proporzionalità». Il presidente del Consiglio, che prima di scendere nel cortile di palazzo Chigi ha chiamato i leader dell'opposizione, ha anche promesso che domani o dopodomani sarà in Parlamento per illustrare il decreto dal quale scaturiranno «ristori» per le categorie che sono penalizzate dalle misure. Non più contributi «a pioggia», come nella prima fase, ma toccherà al ministro Gualtieri indicare verso chi indirizzare i 4 miliardi stanziati.
Infine una secca frenata sulla possibilità di attingere al Fondo Salva Stati (Mes) perchè «non è una panacea», i soldi aumentano il debito pubblico e quindi poi «devo intervenire aumentando le tasse o tagliando la spesa». Inoltre, sostiene Conte, i tassi sono ora bassi e il risparmi sarebbe di soli 200 milioni a fronte di uno «stigma» negativo che avremmo sui mercati.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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