Mose: la Corte dei conti chiede 11 milioni a Mazzi, ex vicepresidente del Consorzio

Venerdì 12 Luglio 2019
IL SEQUESTRO
VENEZIA Gli episodi di corruzione dell'inchiesta sul Mose hanno comportato un danno allo Stato di almeno 21 milioni di euro. Ieri mattina, alla Corte dei Conti, si è aperta la discussione sul Consorzio Venezia Nuova che vede come principali accusati l'ex presidente Giovanni Mazzacurati e l'ex vicepresidente del Cvn Alberto Mazzi, imprenditore veronese residente a Roma. Il procuratore Paolo Evangelista e il viceprocuratore Alberto Mingarelli chiedono queste somme in solido, contestuali ad un provvedimento di sequestro, che vengono ritenute pari al danno che con il suo comportamento il Consorzio avrebbe provocato allo Stato. Ieri, in particolare, Mingarelli ha concentrato la sua azione contro Mazzi ribadendo che il Consorzio aveva creato un sistema su contratti fittizi con alcune imprese che avrebbe consentito poi di corrompere i funzionari pubblici.
«Ci sono state tangenti anche per ottenere i finanziamenti del Cipe - ha detto il magistrato contabile - e non va dimenticato che Mazzi per uscire da questa vicenda ha deciso di patteggiare due anni (con la sospensione condizionale). Il sistema dei contratti fittizi è stato interrotto solo quando si è saputo che la Guardia di finanza stava indagando su queste vicende. Le responsabilità di Mazzi sono evidenti visto che conosceva quello che accadeva. Ha pagato ben 4 milioni di euro per uscire da questa vicenda ed ora si dice estraneo. Il Consorzio ha avuto un ruolo pubblico ed ha favorito questo sistema di mazzette». Della somma complessiva la Corte dei Conti gli contesta, in tutto, circa 11 milioni.
Ben diversa la posizione del legale di Mazzi, l'avvocato Antonio Catricalà. «Mazzi ha ricoperto il ruolo di vicepresidente - ha attaccato l'ex viceministro - ma nessuna di queste condotte è a lui riferibile. L'unica contestazione sono quei 300mila euro che ha dato a Mazzacurati per velocizzare alcune opere. Tutto qui. E anche dal punto di vista giuridico alcune imputazioni sono errate, c'è anche l'incompetenza territoriale. Voglio poi ricordare che il patteggiamento a due anni - ha aggiunto Catricalà - è avvenuto dopo la reclusione in un momento in cui la sua persona è stata uccisa dalla stampa. Il suo ruolo in questa vicenda è marginale. E il pagamento di questi 4 milioni è avvenuto con l'obiettivo di uscire da questo processo. Mazzi ha già pagato molto».
Intanto questo pomeriggio, sempre sul fronte delle inchieste sul Mose, è attesa la sentenza di appello sulle pene e sulle prescrizioni che erano state inflitte nel processo di primo grado sulla corruzione, nel settembre del 2017. Qui la vicenda nell'ultima udienza di giugno ha visto le prese di posizione finali dei legali che hanno riguardato l'ex presidente del Magistrato alle acque Maria Giovanna Piva (avvocato Emanuele Fragasso), l'imprenditore romano Erasmo Cinque (avvocati Marco Vassallo e Pietro Pomanti) e l'imprenditore veneziano Nicola Falconi (avvocato Pierpaolo Dell'Anno). Le difese degli altri tre imputati - l'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, l'ex ministro Altero Matteoli (deceduto) e Corrado Crialese - avevano già parlato nell'udienza del 14 maggio per sollecitare l'assoluzione.
G.P.B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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