Finisce senza colpevoli, e senza risarcimenti, il processo in Cassazione per la morte di dodici lavoratori dell'Olivetti di Ivrea deceduti, l'ultimo nel 2013, per aver respirato amianto - durante la produzione di macchine da scrivere e calcolatrici dal 1966 al 1999, nei capannoni del canavese - dopo anni di convivenza con la malattia che mangia i polmoni. I supremi giudici della Quarta sezione penale, presieduti da Patrizia Piccialli, hanno infatti respinto il ricorso della Procura generale di Torino contro i proscioglimenti dei tredici top manager imputati, decisi in appello il 18 aprile 2018 dopo le condanne in primo grado, tra i quali gli imprenditori Carlo e Franco De Benedetti e l'ex ministro Corrado Passera. Invece il Sostituto procuratore della Cassazione Ciro Angelillis aveva chiesto di inviare gli atti alle Sezioni Unite per un intervento chiarificatore sull'effetto acceleratore dell'esposizione all'amianto sul mesotelioma e, in subordine, l'appello bis per la fondatezza del reclamo contro le assoluzioni: «In questo processo abbiamo due sentenze di primo e secondo grado con divergenze totali che rischiano di diventare incomprensibili sia per i familiari delle vittime, sia per gli imputati accusati di un pesante fardello». In primo grado a Ivrea 13 condanne, con indennizzi per quasi due milioni di euro; in appello a Torino tutti assolti «perchè il fatto non sussiste». Ora la parola fine: nessun colpevole.
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