MONTAGNA FERITA
BELLUNO Un anno dopo Vaia, con il maltempo di questi giorni,

Mercoledì 20 Novembre 2019
MONTAGNA FERITA
BELLUNO Un anno dopo Vaia, con il maltempo di questi giorni, nel Bellunese si sono ripresentate le medesime criticità, sempre negli stessi punti. Smottamenti fotocopia con quelli del 2018. Così è stato per la strada provinciale 3 Valle Imperina, località Corde Mole, in Comune di Gosaldo, che ha ceduto di nuovo.
I PROBLEMI
«Il punto esatto si trova venendo da Tiser, prima di arrivare a Gosaldo - spiega il sindaco, Giocondo Dalle Feste e in questo momento impedisce l'accesso all'abitato di Gosaldo provenendo da Rivamonte: ora abbiamo il Comune spezzato in due e per arrivare a Gosaldo gli abitanti di Tiser e della vallata devono allungare di molto il tragitto». Spezzato in due anche il comune di Val di Zoldo, dove lunedì è caduta una frana di migliaia di metri cubi sulla statale 251, in località Dont, dove Veneto Strade sta lavorando alacremente. La strada è chiusa e la riapertura non sarà immediata. Ieri il sindaco Camillo De Pellegrin è stato costretto a tenere chiuse anche le scuole, che riapriranno oggi. I bimbi arriveranno in ritardo e saranno costretti anche a un trasbordo. «Adeguare l'abbigliamento al trasbordo a piedi (fango), in particolare le calzature», si raccomanda il sindaco. E addirittura c'è una frana, uno smottamento superficiale a Caprile, comune di Alleghe, che si è rimessa in moto dopo 53 anni: si era creata con l'alluvione del 1966. E ancora: i passi dolomitici chiusi per il rischio valanghe dallo scorso fine settimana (aperti solo Staulanza, Duran, Cereda, Mauria, Monte Croce e Rolle). E chissà fino a quando. E paesi isolati: come Costalta, in comune di San Pietro di Cadore, che è anche senza copertura telefonica. Per non parlare del solito Schiucaz, il paesino dell'Alpago minacciato da una frana, passato alle cronache il 12 maggio scorso che dopo sei mesi si è ritrovato punto e a capo. Domenica sera 6 residenti, compresa una donna di 93 anni sono stati nuovamente evacuati. E le colate che non si fermano: due solo nella giornata di ieri sulla statale 52 Carnica, con la carreggiata invasa nella notte a Lacune (comune di San Nicolò) e ieri a Padola (comune di Comelico Superiore). E infine l'albergatore che dall'ottobre 2018 non ha più riaperto e si è ritrovato, ancora una volta un metro e mezzo d'acqua nel suo hotel a Rocca Pietore.
LA PROTESTA
Ma è solo tutta colpa di Vaia? Il consigliere provinciale, Massimo Bortoluzzi, delegato alla Difesa del suolo dà una sua lettura di quello che sta accadendo nel Bellunese. «È anche perché - dice - manca la manutenzione continua e costante. In questo senso, paghiamo a caro prezzo lo spopolamento della montagna. Una volta, veniva eseguita una serie di grandi piccole operazioni che si rivelavano fondamentali nella difesa del suolo, dalla piccola regimazione delle acque alle opere idrauliche secondarie, dallo sfalcio dei prati alla raccolta del fogliame. Tutte operazioni che rendevano il terreno più pronto a ricevere le precipitazioni autunnali e che invece oggi mancano. Di conseguenza, l'acqua scorre molto più velocemente, non viene assorbita dai prati e causa piene immediate di fiumi e torrenti». «Per evitare ogni volta la conta dei danni - conclude -, abbiamo bisogno di strumenti che ci consentano di contrastare veramente lo spopolamento. Non abbiamo bisogno invece dei vincoli che già oggi non ci permettono di fare le opere che servirebbero. In questo senso vanno ripensati i vincoli nuovi su Auronzo e sul Comelico».
R.B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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