Missione Onu, l'Italia insiste e Conte spera nell'aiuto Usa

Lunedì 20 Gennaio 2020
IL RETROSCENA
BERLINO Il monitoraggio della tregua affidato ad una commissione 5+5 è per l'Italia un passo decisivo non solo per consolidare il cessate il fuoco ma anche per quella forza di interposizione che palazzo Chigi ritiene inevitabile schierare. Giuseppe Conte e Luigi Di Maio lasciano Berlino soddisfatti per l'esito della Conferenza. Anche se occorre misurare con il tempo la distanza che potrebbe esserci tra la realtà e i propositi contenuti nel documento approvato ieri dalle undici delegazioni, il fatto che l'opzione militare sia stata bandita da tutti apre qualche spazio all'azione del governo sinora schiacciato da Mosca e Ankara. L'Italia «ha lavorato molto e intensamente» perché si arrivasse all'accordo raggiunto» rivendica il premier poco prima di lasciare Berlino. «Questo accordo in 55 punti prevede tante tappe successive: c'è da lavorare intensamente», sottolinea Conte che ringrazia anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
IL CONSIGLIO DI SICUREZZA
Ed in effetti non sarà facile far rispettare i 55 punti del documento e ottenere che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite trasformi il 5+5 in una vera forza multilaterale europea dove l'Italia vorrebbe avere un ruolo da protagonista. La «massima attenzione» degli Usa, Conte l'ha sollecitata prima dell'inizio dei lavori nell'incontro avuto con il segretario di Stato americano Mike Pompeo. «C'è assoluta attenzione da parte degli Stati Uniti per quanto riguarda questo dossier - ha sottolineato Conte - soprattutto c'è attenzione da parte americana a coordinarsi con noi e con gli altri soggetti coinvolti». Un'attenzione che punta a ridimensionare il peso che Putin ed Erdogan hanno assunto nei mesi scorsi. Se a Berlino un passo avanti è stato fatto - anche se tutto da verificare - lo si deve all'iniziativa tedesca che è riuscita a trascinare anche la distratta Europa e Washington.
L'AMERICA
Ora, per poter passare dal monitoraggio della tregua alla missione di pace e alla ricostruzione del Paese della mezzaluna, serve il sostegno americano che nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbero supportare la richiesta italiana. Formalmente nessuno si mette di traverso, compresi Mosca e Parigi, ma il passaggio è tutt'altro che scontato e la cautela con la quale Gassan Salamè si è espresso, dà solo in parte la sensazione di una strada in salita. Con i due contendenti che non siedono al tavolo, Conte cerca di interloquire con tutti i leader dei Paesi che hanno un peso nella vicenda libica. Oltre a Pompeo il premier vede Vladimir Putin, Recep Erdogan e Abdel Fattah al Sisi. Ovvero i leader dei tre Paesi che pur firmando il documento contro le «ingerenze esterne» sono in prima fila nel sostenere lo scontro armato.
IL RUOLO EUROPEO
Una contraddizione della Conferenza che Di Maio sfiora appena quando dice che ora «c'è l'impegno delle parti che hanno una grande influenza sulla Libia, e ci fa ben sperare». Il risultato di ieri a Berlino, dopo il fallimento del tentativo fatto da Putin di risolvere la contesa solo con la Turchia, aiuta la linea italiana secondo la quale solo l'Europa, può dare garanzie al nord Africa di non trasformare l'aiuto in nuove forme di colonizzazione. Una Libia unita, indipendente e senza armi non serve però solo alla confinante Italia, ma a tutta l'Europa che negli scorsi anni ha avuto a che fare con l'immigrazione fuori controllo e il terrorismo proveniente dal Nord Africa. Un duplice messaggio destinato per metà ai due contendenti mentre l'altra metà è rivolto al resto dell'Europa.
Consolidare la tregua in Libia è ora l'impegno del governo che intende spingere per attuare quell'accordo progressivo contenuto nel lungo documento licenziato ieri sera e che Haftar e Serraj non firmano mostrando la loro debolezza perché viene sottoscritto da tutti i loro danti causa: dalla Turchia, agli Emirati, dall'Egitto alla Russia sino alla Francia. «Nelle ultime fasi l'Europa sta maturando la convinzione che su questi dossier deve muoversi con la massima determinazione e una voce sola», è la replica di Conte a Serraj che lamentava l'assenza degli europei sul dossier libico.
L'OBIETTIVO FINALE
Difficile considerare le parole del premier italiano come un avvertimento lanciato al premier libico che ha stretto un'intesa con Ankara spiazzando l'Italia e, vista la reazione greca, creato un problema a Bruxelles. Poter inviare una forza di interposizione a guida europea sotto l'egida dell'Onu, resta l'obiettivo che l'Italia persegue per fare fuori dalla Libia sia Mosca che Ankara. Ma ottenere il via libera del Palazzo di Vetro non sarà facile.
Ma. Con.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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