Milano può chiudere per prima nei week end: Sala vede Fontana

Venerdì 30 Ottobre 2020
MILANO La Lombardia travolta dal Covid prepara 4.000 nuovi posti letto e vede avvicinarsi l'ombra lunga del lockdown. Domenica il governatore Attilio Fontana e il sindaco di Milano Giuseppe Sala si incontreranno di nuovo per fare il punto sui contagi, la regione potrebbe essere la prima a diventare zona rossa.
Il fronte politico è prudente: «Se ci dovesse essere bisogno Milano farà la sua parte, eccome», afferma Sala. «Dobbiamo essere il più possibile razionali perché stiamo parlando di sei mesi, presumibilmente, di sofferenza che ci aspettano. Queste cose vanno preparate e più le rendi esplicite prima, più poi diventa tutto difficile. A oggi posso dire che non ho sul mio tavolo il progetto di un vero lockdown, ma se sarà necessario lo faremo senz'altro». I numeri raccontano di un'emergenza sanitaria che si aggrava: ieri 7.339 nuovi casi, 57 decessi e 53 pazienti in terapia intensiva, Milano registra 3.211 positivi in più di cui 1.393 in città, Monza 930 e Varese 920. Per gli esperti non c'è tempo da perdere. La chiusura totale della Lombardia «è una delle ipotesi previste», sostiene il coordinatore del Cts Agostino Miozzo. Dal punto di vista della gravità dei casi, «a Milano vediamo la stessa situazione di marzo», avverte il direttore del reparto Malattie infettive del Sacco Massimo Galli. «Nel nostro ospedale abbiamo già riconvertito tutto e, su 300 ricoverati Covid, abbiamo 19 intubati e 47 con il casco. Abbiamo riempito tutto quello che avevamo ulteriormente aperto», afferma. Preoccupano il forte aumento dei malati in terapia intensiva, in totale 345, e anche i ricoveri nelle sub intensive, 283 in più a 3.355. Per questo si lavora per rafforzare i posto letto: all'ospedale in Fiera, che ospita 14 pazienti, è stato attivato un nuovo padiglione da 16 posti. L'operazione di reclutamento dagli altri ospedali sta creando tensione con anestesisti e rianimatori. La Regione si è detta pronta a reclutare personale «anche attraverso ordini di servizio coattivi», i dottori sono pronti a dichiarare lo stato di agitazione. Affermano: «Una simile decisione rappresenterebbe uno schiaffo ai medici che hanno dato il massimo nella scorsa primavera, e che non possono pagare il prezzo di una altrui pianificazione tardiva».
Claudia Guasco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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