Mes, il no dei ribelli M5S il governo senza numeri

Giovedì 3 Dicembre 2020
IL RETROSCENA
ROMA Se non fosse per il dibattito sui dpcm pandemici, che tutto avvolge in una fitta nebbia, la frattura sancita ieri da una settantina di parlamentari del M5S mostrerebbe con tutta evidenza la palude nella quale si trova da mesi il governo e la sua maggioranza. A meno di una settimana dal voto delle Camere che dovrebbero autorizzare Giuseppe Conte a dare il via libera al nuovo statuto del Mes, 42 deputati e 16 senatori hanno scritto una lettera al reggente del Movimento Vito Crimi, che finisce anche sul tavolo del presidente del Consiglio, per ribadire che così com'è la modifica alla statuto del Meccanismo europeo di stabilità non va e che sono pronti a bloccarla in Parlamento. Voto contro, quindi, a meno che la riforma non sia «subordinata alla chiusura di tutti gli altri elementi (EDIS e NGEU) delle riforme economico-finanziarie europee in ossequio alla logica di pacchetto».
Anche se in molti si sono poi sfilati dalla missione - che non intende essere suicida perchè i firmatari scrivono anche che non vogliono «mettere a rischio» la maggioranza - soprattutto al Senato il problema dei numeri inizia a farsi serio anche a seguito della capriola effettuata da Forza Italia ora schierata con la Lega e FdI per il no. Anche se si tratta di un voto su una mozione, e non di un voto di fiducia e non ci sono traguardi numerici da raggiungere ma basta la maggioranza più uno, una fronda così corposa può mandare in aria il governo che potrebbe andare sotto o salvarsi solo per qualche aiutino sparso o qualche assenza strategica.
La trattativa è in corso e il compito di stilare la mozione che dovrà essere votata in Parlamento è stato affidato al ministro delle politiche comunitarie Enzo Amendola mentre tocca ai capigruppo pentastellati cercare una mediazione. L'obiettivo è trovare una via lessicale nella mozione che sia in grado quantomeno di ridurre di molto il numero dei dissenzienti, promettendo che l'Italia a quel «pacchetto» di misure, già configurate dai 5S con il governo Conte1, non intende rinunciare ma non per questo impedirà il cambio di statuto di uno strumento, il Mes, che ha fondato insieme ad altri partner europei e che per essere attivato in Italia ha bisogno del via libera del Parlamento, «dove i numeri non ci sono», come sottolineato ieri l'altro dallo stesso Di Maio. Malgrado l'Italia stia arrivando ultima nel dare il via libera allo statuto che ha contribuito a modificare, la necessità di un approfondimento viene concessa dal governo a patto che si concluda entro il 9 dicembre, quando il tema si discuterà in Parlamento. I parlamentari affronteranno la questione nella riunione dei gruppi che si terrà venerdì nella quale si discuterà anche del decreto sicurezza sul quale è stata avviata un'altra raccolta di firme. Con un reggente, Vito Crimi, che compie continui pasticci e da mesi guida dopo le dimissione di Di Maio, il primo partito della maggioranza è allo sbando.
LO STALLO
Se al contenzioso in atto sul Mes si aggiunge il mancato varo della struttura che dovrà gestire i fondi del Next generation Ue, le resistenze sui decreto sicurezza, la questione Autostrade, il mancato decollo delle riforme costituzionali e della legge elettorale, si comprende come sia difficile pensare che l'attuale esecutivo possa arrivare a fine legislatura senza strappi o sorprese. Visto il sempre più alto debito pubblico rinunciare alla messa in opera di un paracadute come il Mes appare rischioso ancor prima di decidere se attivarlo. Molto complicato anche ottenere un nuovo rinvio dopo averne avuti già molti. Impossibile, per il no del Pd e di Iv, inserire nella mozione una formula che escluda sin da ora la possibile attivazione del Mes che permetterebbe all'Italia di avere 37 miliardi a tassi di interesse molto bassi anche qualora dovessero, come è altamente probabile, ripartire nella prossima primavera.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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