Matteo: Luigi convinto del passo indietro Ma il grillino ancora spera di fare il premier

Lunedì 21 Maggio 2018
IL RETROSCENA
ROMA Insieme con lo stesso nome, terzo, al Quirinale per non far saltare tutto «perché è importante partire». Di Maio arriva a Roma da Ancona per affrontare poco più di un'ora di colloquio e chiudere l'accordo con Salvini. Le proposte dei Cinquestelle sono Giuseppe Conte o Riccardo Fraccaro ma nella convinzione che il Colle li riterrà inadeguati. Allo stato, sostengono nel Movimento, l'unico candidato credibile è Di Maio, ma Salvini continua ad opporsi e il Consiglio federale della Lega, seppur spaccato, sostiene questa posizione. Ma il Movimento non può appaltare volto e gambe del programma stellato a un esterno. Perché? Ecco il ragionamento che arriva dai Cinquestelle: «Se Salvini e Lega non capiscono quale è il problema vero, che chiunque diverso da Di Maio non darebbe alcuna garanzia di durata, perché basterebbero una decina di deputati o senatori per staccare la spina, c'è il rischio che salti tutto all'ultimo miglio».
Di Maio arriva di fronte a Salvini consapevole che gli chiederà, di nuovo, il sacrificio della sua premiership. Intanto nelle piazze racconta che accorperà il dicastero del Lavoro al Mise dove avrebbe mano libera sugli investimenti. E Di Maio, Salvini lo sa, non teme le grandi opere come i pentastellati di prima generazione. A Imola, lui appassionato di motori, ha promesso la resurrezione del circuito di Formula 1 con «un piano d'investimenti condiviso da sottoporre a referendum». Intanto di buon mattino ieri comincia a suonare sui social il requiem dolceamaro. Il la lo dà Giancarlo Cancelleri che elogia il capo politico attribuendogli grandi doti di altruismo e coraggio. Segnale chiaro. «Il nostro grande Luigi è davvero un faro nella notte», scrive l'ex candidato presidente della Sicilia. «Sorridete - prosegue messianico Cancelleri - oggi è la domenica della vittoria, oggi è il giorno del cambiamento, oggi siamo il popolo sovrano della rivoluzione gentile».
Salvini ha provato a convincere il leader M5S a fare un passo indietro in tutti i modi appellandosi al «grande senso di realtà», spiegano dalla Lega. Il capo del Carroccio ha ripercorso tutti gli sforzi fatti fin qui, non ultimo il programma di governo condiviso punto per punto e fatto votare alle rispettive basi. «Non ci si può incartare ancora sul nome da presentare al Capo dello Stato».
EXIT STRATEGY
E allora l'exit strategy più facile è quella di dire pubblicamente che comunque «il Movimento andrà al governo del paese», che «il prossimo presidente del consiglio sarà un amico del Movimento». Un modo per dire che una forma di larghe intese era non solo necessaria ma che per presidiare il governo servono i due leader dentro l'esecutivo. Come confermerà Salvini all'uscita dell'incontro: «Sì, abbiamo dato entrambi la disponibilità a entrare». Già, ma dove?
Stefania Piras
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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