Luca Zaia: «Il mio Covid-diario». Ed è coda per l'autografo

Domenica 21 Novembre 2021 di Alda Vanzan
Zaia: «Il mio Covid-diario» Ed è coda per l'autografo
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Il gran tour dello scrittore Luca Zaia è iniziato ieri sera nella sua terra trevigiana, adesso tocca alle presentazioni in tv (stasera a Che Tempo Che Fa da Fabio Fazio) e poi in giro per l’Italia, martedì Roma, giovedì Milano.

E Palazzo Balbi? E l’unità di crisi di Marghera? «Tranquilli, sono sempre qua, ho semplicemente incastrato le presentazioni del libro con precedenti appuntamenti istituzionali, a Roma era già previsto che andassi lunedì e martedì, invece mercoledì ho una inaugurazione ad Asiago e così abbiamo infilato una tappa a Bassano». Nella libreria Lovat a Villorba il presidente della Regione del Veneto firma dediche per 25 minuti, davanti al tavolino un’ordinata processione di uomini, donne, ragazze con il libro in mano. Quando si è saputo che sarebbe stata qui la prima presentazione in assoluto, c’è stata una marea di richieste: alla volta di mercoledì scorso, tre giorni prima del rendez-vous, non c’era già più un posto libero.


«Un libro fuori dell'ordinario, una sorta di diario di questi quasi due anni di pandemia, il governatore l'ha voluto fare a modo suo», l'ha introdotto Ottavio Di Brizzi, il responsabile della saggistica di Marsilio, la casa editrice che ha convinto il governatore a cambiare titolo. «Fosse stato per me doveva intitolarsi Gesù o Barabba?, col punto di domanda. Perché rappresentava la sintesi del mio pensiero: il confronto c'è su tutto, ma la piazza ci porta a fare delle scelte anche sbagliate. Alla fine è stato Ragioniamoci sopra, il tormentone reso celebre da Crozza nelle sue parodie, sottotitolo Dalla pandemia all'autonomia. Un libro senza dedica e senza indice di nomi perché, tranne pochissime eccezioni (il premier Mario Draghi, lo stesso Crozza, Matteo Renzi «ma solo perché ci ha impugnato il referendum sull'autonomia»), di fatto Zaia non cita nessuno dei politici attuali né figure note. «Non ho fatto dediche per mantenere un taglio asettico». «I nomi? Avrei potuto citare Bossi, Salvini, ma allora avrebbe preso un'altra piega».


I FILE AUDIO
E la piega invece doveva essere una sola: mettere nero su bianco le riflessioni che dal 21 febbraio 2020, quando il coronavirus ha stravolto le nostre esistenze, Zaia registrava sul proprio Iphone tornando a casa la sera dall'Unità di crisi della Protezione civile o di notte, dormendo solo un paio d'ore. Raccontare «una guerra che non è ancora finita». Ma non solo. «Il Covid è il fil rouge e anche il presupposto per fare dei ragionamenti. Ma inizialmente la parte biografica aveva molto meno peso». Per la prima volta Zaia dunque si racconta, parla della famiglia, delle sue radici e forse in pochi sapevano che, ragazzino, un ricciolino con il viso tempestato di lentiggini, molto timido, è stato preso di mira dai bulli.
I nonni, i genitori, la moglie Raffaella (che in libreria lo ascolta in prima fila accanto all'ex capo di Gabinetto del governatore Fabio Gazzabin, a metà sala c'è Gian Paolo Gobbo) con la sua chioma rossa (Mi ha attratto come qualcosa di veramente straordinario e continuo a trovarla tale tuttora, dopo anni che stiamo assieme). È un intrecciarsi di ricordi dell'infanzia, della giovinezza, del debutto in politica nell'amministrazione - «C'è la mia vita» - e delle fasi topiche dell'emergenza sanitaria. Zaia rammenta le scelte drastiche: «Chiudere l'ospedale di Schiavonia, poi le tende riscaldate davanti a tutti i Pronto soccorso, lo stop al Carnevale di Venezia. Se alla fine si fosse rivelata una normale influenza, oggi saremmo in Procura a presentare memorie per difendersi da accuse anche di danno erariale. Il fatto è che nessuno di noi aveva le istruzioni per l'uso». La sottolineatura è marcata, Zaia l'ha voluta stampare anche nella quarta di copertina: Siamo ancora in piena pandemia e gli indicatori non ci fanno dormire sonni tranquilli. Abbiamo parecchia strada da percorrere, perché il pericolo del contagio continua a essere presente tra noi, né possiamo escludere che ci riservi colpi di coda con recrudescenze che non ci auguriamo.Sulla comunicazione, però, ha sempre creduto: «I miei collaboratori mi hanno sconsigliato di fare il punto stampa a Marghera, ma io non volevo che si dicesse che nascondevamo le informazioni. Ne abbiamo fatti più di 500, siamo stati gli unici a dare notizie ufficiali alla nostra gente».


IL MONITO
Quell'informazione che a livello nazionale, al momento di lanciare la campagna di profilassi, non c'è stata ed è per questo, secondo il presidente del Veneto, che in troppi rifiutano il vaccino: «Chiedetelo a un giovane, vi dirà che è perché poi diventa sterile». Fake news, falsità alimentate dai social, dalle rete. Se fossi costretto a scegliere, non avrei dubbi: preferirei continuare a vivere nel mondo digitale e non tornerei indietro. Ma, dice Zaia, c'è bisogno di regole.


IL MANIFESTO
Nuove regole anche nell'amministrazione della cosa pubblica. E anche se il governatore continua a ribadire che il libro «non è un manifesto politico» e che «l'unico fine è fissare alcuni pensieri nero su bianco, un modo per esprimere, alla luce di un'appassionata esperienza al servizio della mia comunità, riflessioni sollecitate dai tanti accadimenti che hanno segnato il mondo in questi due anni», un ragionamento politico emerge prepotentemente. Quello di un amministratore che chiede una riforma che tagli davvero la burocrazia, ma che in parte dell'opinione pubblica cessi anche il presupposto che il movente di qualsiasi azione sia il malaffare. È la sfida di ricercare e mettere a punto un sistema in grado di coniugare due valori inderogabili: legalità ed efficienza. Un esempio, come dimostrato a Genova con il ponte Morandi o in Veneto dopo la tempesta Vaia, c'è ed è la formula commissariale. «Ma la vera riforma è quella culturale, perché se una comunità è fatta di soli consumatori non si va da nessuna parte». E l'autonomia? La madre di tutte le battaglie continua: «Stiamo andando avanti proprie in queste ore con il ministro Gelmini per trovare un punto di equilibrio per una legge quadro». Nel libro Zaia scrive che l'autonomia è indispensabile all'Italia e che il paese deve decidere se restare in una sorta di Medioevo o entrare in un nuovo Rinascimento. Al pubblico che lo ascolta promette: «Firmiamo solo se è autonomia vera».

Ultimo aggiornamento: 15:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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