LO SCONTRO
LONDRA Theresa May è in bilico da un anno e mezzo e proprio in

Mercoledì 14 Novembre 2018
LO SCONTRO
LONDRA Theresa May è in bilico da un anno e mezzo e proprio in questa situazione di incertezza è riuscita a trovare un suo equilibrio. Solo che anche questo movimentato stallo prima o poi dovrà finire e quella di oggi, tra tutte le rese dei conti annunciate e superate negli ultimi mesi, appare come la più seria, anche perché il tempo inizia a stringere: la premier dovrà convincere il suo governo che l'accordo sul tavolo con Bruxelles è l'unica via percorribile per dare seguito al voto dei cittadini senza trasformare il risultato del referendum in un grave atto di autolesionismo nazionale.
Solo che la May è stretta in una sorta di tenaglia in cui alla rumorosa opposizione euroscettica di Boris Johnson e compagnia, convinti che l'accordo sia troppo «soft», fa da contraltare quella europeista rappresentata da Jo Johnson, fratello dell'ex ministro degli Esteri e anch'egli dimissionario da un ruolo di sottosegretario, anche se per motivi diametralmente opposti: per lui la Brexit è una scelta tra «caos e vassallaggio» e ci vuole un secondo referendum per porre rimedio alla più grave crisi dell'arte del governo dai tempi di Suez.
IL SINDACO
Così la pensano in molti, tra cui anche il sindaco di Londra Sadiq Khan e buona parte di un Labour spaccato almeno quanto i Tories sul tema. Gli sforzi della May di evitare una hard Brexit, tutti tesi a mantenere l'unità del suo partito, non sono sufficienti a rendere la situazione accettabile per il popolo britannico. Tra gli europeisti del governo, alcuni si sono detti ottimisti sull'esito dell'incontro di oggi, mentre dal fronte euroscettico Jacob Rees-Mogg, a capo del think tank ERC, molto influente ma fino ad ora incapace di mettere sul tavolo una soluzione alternativa a quella tessuta con fatica dalla premer, ha detto che se l'accordo fosse approvato la fiducia nella premier crollerebbe e ha evocato il rischio di una scissione dei conservatori.
LE DIVERSE POSIZIONI
Per Boris Johnson, che non ha voluto lanciare una sfida aperta alla May quando ne ha avuto l'occasione ma che ha rappresentato la vera spina nel fianco nei suoi anni a Downing Street, è «assolutamente inaccettabile per chiunque creda nella democrazia» che l'accordo venga approvato.
Nel governo ci sono addirittura tre elementi che ritengono che il «no deal» sia un'opzione percorribile e sono tutte donne: Andrea Leadsom, Penny Mordaunt e Esther McVey. Le critiche giungono da ogni dove e la premier, nella giornata di ieri, ha incontrato uno per uno i membri del suo governo per spiegare loro i termini dell'accordo e cercare di convincerli a sostenerlo. Il leader dell'opposizione Jeremy Corbyn, che ha sempre mantenuto una linea ambigua sulla Brexit, ha detto che «da quello che si è visto sulla gestione disordinata dei negoziati, è improbabile che sia un buon accordo per il paese».
IL PARLAMENTO
Negli ultimi giorni in molti hanno fatto presente che l'accordo sul tavolo non solo non è accettabile per il governo, ma difficilmente passerà l'esame del Parlamento. Tra questi anche i rappresentanti del DUP, il partito degli Unionisti irlandesi ai quali la May deve appoggiarsi per avere una maggioranza in Parlamento, hanno detto che se l'accordo «è come lo stiamo sentendo, allora non possiamo votarlo».
Per la May potrebbe essere il giorno più difficile, ma per ora la donna che si è fatta carico di traghettare il paese verso il suo futuro fuori dalla Ue ha ancora il suo asso nella manica: è l'unica ad avere un piano, senza di lei sarebbe il caos di un referendum con tre opzioni, con i sondaggi ancora fluttuanti e un dibattito politico tribale e ideologico. Oggi si capirà se continua ad essere sufficiente.
Cri. Mar.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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