LO SCENARIO
ROMA Sul Green pass per il lavoro, la Confindustria e i sindacati

Lunedì 26 Luglio 2021
LO SCENARIO
ROMA Sul Green pass per il lavoro, la Confindustria e i sindacati attendono la convocazione del governo. Sul fronte del pubblico impiego, invece, più che al pass si guarda alla vaccinazione obbligatoria, almeno per alcune categorie di lavoratori. Ma, in questo caso, tutto dipenderà da quelle che saranno le decisioni prese per la scuola. Se per professori e per il restante personale sarà introdotto l'obbligo del vaccino per permettere le riaperture in sicurezza, lo stesso dovrebbe accadere almeno anche per quei dipendenti pubblici che sono a contatto con il pubblico. Ma è il fronte del lavoro privato ad essere ancora incandescente dopo la diffusione della lettera con la quale il direttore generale della Confindustria, Francesca Mariotti, aveva rivelato agli associati l'interlocuzione con il governo per ammettere nelle fabbriche solo chi fosse munito del green pass.
La posizione di Confindustria è stata letta in realtà, come una spinta verso la vaccinazione obbligatoria. Cosa che invece non è. Per ottenere il green pass, infatti, ci sono tre strade diverse. La prima è sicuramente la doppia dose di vaccino, che consente di avere un passaporto che vale nove mesi. La seconda strada vale per chi si è ammalato di Covid e poi è guarito. In questo caso il pass vale per sei mesi. Poi c'è la terza strada, quella del tampone molecolare o antigenico. Chi ha effettuato uno di questi due test ottiene un green pass valido per 48 ore.
LE DISTINZIONI
Il passaporto, insomma, è qualcosa di ben distinto dall'obbligo di vaccino. Questo significa che in azienda verrebbe ammesso non soltanto chi ha ricevuto le due dosi del siero, ma anche chi ha un test negativo non più vecchio di 48 ore. Ma il nodo centrale, a questo punto, riguarda i costi. Il governo ha appena stanziato nuove risorse per calmierare ulteriormente il prezzo dei test. Resta però il fatto che effettuare un antigenico o un molecolare ogni due giorni avrebbe un costo non indifferente se a sostenerlo dovesse essere il lavoratore. I nodi da sciogliere in realtà sono molti. Il ministro del lavoro Andrea Orlando dovrebbe a breve convocare il tavolo tra i sindacati e la Confindustria per provare a trovare un accordo che dovrebbe partire da una riscrittura del protocollo d'intesa firmato a marzo del 2020, proprio all'inizio della pandemia, e che aveva consentito alle imprese di continuare a lavorare in sicurezza. Si tratta del protocollo con il quale era stato introdotta la misurazione della temperatura all'ingresso, la distribuzione sui posti di lavoro dei gel per disinfettare le mani, ma anche l'impegno a tenere in smart working tutti i lavoratori dedicati ad attività che potevano essere svolte da remoto. In quello stesso protocollo furono introdotti anche smaltimenti di ferie e congedi forzati e l'impegno ad utilizzare la cassa integrazione messa a disposizione dal governo.
Il problema fondamentale dei datori di lavoro, è che senza il green pass saranno costretti a trovare altre strade per tutelare la salute dei propri dipendenti. L'Inail, infatti, considera il Covid un infortunio sul lavoro di cui l'azienda ha responsabilità. La presenza di non vaccinati, in assenza del green pass, costituirebbe un rischio per gli altri lavoratori il cui peso graverebbe sulle spalle dell'impresa. E man mano che passano i giorni e la variante Delta continua a mostrare la sua aggressività, rendendo sempre più elevata la possibilità di contagi in azienda. Sul fronte del pubblico impiego, come detto, la situazione non è differente ma la soluzione potrebbe esserlo. Il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, è per la linea del «tutti vaccinati». Da settembre vorrebbe un rientro massiccio e in sicurezza negli uffici pubblici. Ma anche qui con la variante Delta che incalza, le soluzioni sul tappeto per raggiungere questo obiettivo non sono molte: green pass o vaccinazione obbligatoria. Questa seconda via, come detto, sembra quella più probabile. O quantomeno la più probabile per i dipendenti pubblici che lavorano a contatto con l'utenza. Ma, almeno da quanto trapela da fonti del governo, la decisione finale dipenderà da come sarà sciolto il nodo della scuola. Se ci sarà l'obbligo vaccinale per i professori, anche per altre categorie di pubblici dipendenti la strada sarà spianata.
A. Bas.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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