LO SCENARIO
POTENZA Arrivano i primi numeri dal profondo Sud e da Roma piovono

Lunedì 25 Marzo 2019
LO SCENARIO
POTENZA Arrivano i primi numeri dal profondo Sud e da Roma piovono le prime telefonate gonfie di angoscia - perché il voto è regionale ma la crisi M5S è nazionale e le Europee sono alle porte - ai grillini della Basilicata: «Reggiamo almeno al 20 per cento o è disastro completo?». «Tocchiamo ferro», è la risposta. Perché la sensazione è quella del tonfo stellato. In una regione in cui, alle ultime politiche, M5s aveva preso il 44,4 per cento, a Matera il 51 e altrove anche di più. Molto del successo del 4 marzo fu dovuto a Salvatore Caiata, presidente del Potenza Calcio eletto trionfalmente alla Camera, ma ora - cacciato da M5S e passato al gruppo Misto - tifa per Salvini e fa votare una candidata della Lega. Il trasformismo sudista è sempre uguale.
IL FILOTTO
E comunque dopo il Molise, l'Abruzzo e la Sardegna, ma prima c'era stata la super sconfitta in Sicilia che sembrava già vinta, il Mezzogiorno diventa la terra d'inferno M5S, si trasforma da granaio elettorale - così fu alle politiche del 2018 in cui il grillismo replicò i fasti alla Dc e disegnò di giallo la mappa geopolitica da Roma in giù - in grande specchio nazionale della crisi del movimento che in poco più di un anno sta dilapidando tutto.
E Di Maio ora si trova di fronte a questa valanga che sale da una regione piccola ma simbolica che è stata, come le altre regioni meridionali, l'epicentro della voglia di cambiamento della parte d'Italia più dimenticata e penalizzata. Quaggiù il sogno grillino doveva compensare la povertà più desolante, un reddito medio pro capite inferiore di 5 mila euro alla media nazionale e di 10 mila e una disoccupazione con picchi del 50 per cento, per non dire dello spopolamento. Più che il reddito di cittadinanza - nessuno ancora lo sta richiedendo da queste parti - l'impeto a cambiare tutto ha grillizzato una regione tradizionalmente moderata e il grillismo in queste ore si è riciclato in salsa leghista. E il baratro Sud si staglia come l'ennesimo grande problema per Di Maio nei rapporti di forza con Salvini nel governo e poi nelle europee e magari nelle politiche anticipate.
Al comitato di Antonio Mattia, candidato M5S, si ragiona così - senza farsi sentire troppo - ad urne appena chiuse: «Le promesse elettorali, sulla Tav, il Tap, l'Ilva, le trivelle, ce le siamo dimenticate subito. E l'incoerenza non piace a nessuno». Se a questo si aggiunge la tangentopoli romana del caso De Vito, il fascino sudista per l'uomo forte (ora Salvini, e c'è chi in Lucania lo paragona alla buon'anima di Mussolini che quaggiù era osannato ma un giorno prima erano tutti giolittiani) e la percezione di un sopraggiunto disinteresse per il Mezzogiorno da parte dei 5 stelle che erano visti come vendicatori dei dimenticati, il quadro è completo. E la de-grillizzazione della Basilicata rientra in una delusione generale che coinvolge, per esempio, la vicina Puglia. Altro granaio di voti in fuga (l'Ilva, il Tap) e di rigetto anti-stelle. E dunque non arriva inaspettata la botta lucana. «Il movimento deve cambiare», non fa che ripetere Di Maio. E il «se non riusciamo a vincere, non vale la pena neppure presentarsi alle amministrative», è lo sfogo nei piani alti del Movimento.
Un conoscitore profondo della terra lucana, Guido Viceconte, più volte parlamentare berlusconiano e ora sostenitore di Franco Cupparo (che si avvia a diventare il più votato tra i forzisti ed è il sindaco di Francavilla in Sinni che ha dato la cittadinanza onoraria ad Antonio Tajani), spiega così il voltafaccia ai 5 stelle: «Conta la consapevolezza che l'onestà grillina, a Roma ma non solo, si è rivelata un mito fasullo. E conta che la gente, quaggiù, ha capito la generale inadeguatezza dei 5 stelle. I lucani sono persone pratiche».
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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