LO SCENARIO
LONDRA C'è gente che aspetta questo momento da tre anni. Come

Sabato 25 Maggio 2019
LO SCENARIO
LONDRA C'è gente che aspetta questo momento da tre anni. Come Boris Johnson, ex ministro degli Esteri dal repertorio infinito di tiri mancini, favorito dai sondaggi nella corsa alla successione della premier dimissionaria Theresa May. YouGov lo dà al 59% e le ragioni sono solide: ha un seguito ampio tra gli attivisti del partito e, sebbene tra i Tories ci sia gente che lo odia a morte, è indubbio che, con la sua retorica suadente, sia l'unico a poter mettere al suo posto l'astro rinascente di Nigel Farage. Ieri dalla Svizzera ha fatto prontamente sapere di essere pronto a combattere, visto che «un nuovo leader avrà modo di fare le cose in modo diverso grazie allo slancio di una nuova squadra».
PATTI CHIARI
Con lui però i patti sono chiari: si esce entro il 31 ottobre, con o senza accordo, perché «per ottenere qualcosa devi essere pronto a girare i tacchi». Una posizione dura, quella dell'uomo che rischia di entrare papa e uscire cardinale, ma mai quanto quella del suo principale rivale, Dominic Raab, avvocato quarantacinquenne la cui tetragona fede euroscettica ha vacillato solo quando ha scoperto che il Regno Unito, essendo una entità geografica particolare, ossia un'isola, dipende effettivamente molto dalla rotta Dover-Calais per gli scambi commerciali. Col risultato che il cinquantaquattrenne Boris, rispetto a Raab, è il moderato di turno, anche se i suoi precedenti assai deludenti al Foreign Office fanno tremare le vene ai polsi a molti esponenti del partito, che chiedono di non puntare sul più Farage di Farage ma di cercare altrove il nuovo leader. L'altro esponente carismatico dell'anti-mayismo militante di questi anni, Jacob Rees-Mogg, non si è fatto avanti, ma ha salutato la premier con un tweet velenoso: «Nulla del suo mandato le si addice quanto l'averlo lasciato».
Restano quindi gli altri quindici circa che si sarebbero fatti più o meno ufficialmente avanti. Una scelta solida potrebbe ricadere su Michael Gove, la mente del partito, l'accoltellatore per eccellenza che in questi anni ha sostenuto la May nella speranza che risolvesse il problema della Brexit per lasciare campo libero a lui e alla sua visione di paese. Jeremy Hunt, ex ministro della Sanità ora agli Esteri, è stato il primo a farsi avanti. C'è anche Graham Brady, guida di quel comitato 1922 che rappresenta i deputati conservatori che negli ultimi tempi si sono dati molto da fare per mandare a casa Theresa: si è dimesso, vuole provarci. E nutre ambizioni Sajid Javid, il ministro per le imprese, origini pakistane e credenziali di ferro, ma remainer, quindi destinato alla stessa diffidenza dell'attuale inquilina uscente. Che tra le inevitabili lacrime di stanchezza ieri ha detto che non sarà l'ultima donna a Downing Street.
C.M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci