LIBERATO
VENEZIA È uscito da quell'inferno trascinandosi a malapena sulle

Martedì 15 Giugno 2021
LIBERATO
VENEZIA È uscito da quell'inferno trascinandosi a malapena sulle sue gambe, intorpidite da 74 giorni di prigionia (69 in una cella di un commissariato, 5 in carcere). Stanco, provato, spaventato, ma con la voglia e la forza di sorridere insieme a papà Cristiano per una foto scacciapensieri dopo due mesi e mezzo di reclusione in una stanza con altri 30 detenuti, senza un letto, senza un bagno e con temperature vicine ai 50 gradi. Non è finita, ma oggi Marco Zennaro, l'imprenditore veneziano di 46 anni detenuto dal 1° aprile a Khartoum in Sudan, può tirare un sospiro di sollievo. Ieri mattina, intorno a mezzogiorno, è stato scarcerato: ora potrà trascorrere la sua custodia in albergo. Non potrà, però, lasciare il paese: il suo è una sorta di obbligo di dimora. «Siamo felici, è un passo importante, ma sappiamo che da un momento all'altro la situazione potrebbe precipitare di nuovo - commenta il cognato e avvocato di famiglia Aldo Silanos - finché rimarrà lì non saremo tranquilli, abbiamo già visto cosa può succedere e temiamo ribaltamenti improvvisi». Già, perché la questione non si è certo chiusa qui: uscendo dal commissariato di Bahri, infatti, l'ufficiale giudiziario sudanese gli ha notificato la causa civile che il miliziano Abdallah Esa Yousif Ahmed ha sporto contro di lui. E non c'è solo questa, purtroppo: a ruota, infatti, si è agganciata una seconda causa, presentata da una società di Dubai. Per questa vicenda è ancora in piedi il procedimento penale, che potrebbe chiudersi nella prossima udienza, prevista giovedì. Anche questo processo, chiaramente, affiancherà all'iter penale quello civile per chiedere un risarcimento, questa volta, di 900mila euro.
PARTITA DIPLOMATICA
La questione è tutt'altro che risolta, quindi. Bisogna procedere per gradi, certo, e l'aver tirato fuori Marco da quella prigione è senza dubbio un'ottima notizia. Ma il rischio che le milizie possano presentarsi alla porta dell'albergo e riportare il 46enne in quella cella c'è, e servirà continuare una trattativa serrata per concedere all'uomo di aspettare l'esito dei processi che lo riguardano non in condizioni disumane. Processi che sono tutti legati a controversie commerciali: nel primo il miliziano che lo accusa sostiene che gli abbia venduto dei trasformatori difettati, nell'altro una ditta dice addirittura di non aver mai ricevuto la merce già pagata. Zennaro e i suoi avvocati, per entrambi i casi, rigettano le accuse ma intanto il procuratore generale ha ordinato degli approfondimenti.
Scarcerare il 46enne è stata una partita difficile e giocata su più fronti: da un lato la Farnesina e l'ambasciata italiana. La squadra azzurra in campo, in questo caso, ha visto in prima linea il direttore generale della Farnesina Luigi Vignali e l'ambasciatore Gianluigi Vassallo. Dietro le quinte il ministro Luigi Di Maio e la sua vice Marina Sereni, che per prima aveva parlato del caso Zennaro alla ministra degli esteri sudanese Mariam al-Sadiq al-Mahdi. Se la richiesta di scarcerazione è andata in porto, però, senza nulla togliere al lavoro delle autorità nazionali, lo si deve anche ad altre due variabili fondamentali. La prima è l'alleanza con il governo sudanese, che per trattare con le milizie ha messo a disposizione dell'ambasciata la collaborazione di un uomo di punta della politica locale: Omar Manis, ambasciatore sudanese a Parigi e ministro per gli affari di Gabinetto. Altra figura che è stata accanto a Marco e al papà in questi giorni difficili è il sottosegretario agli affari regionali Mohammed Yassim, uno che l'Italia e il Veneto li conosce bene: per anni, infatti, ha vissuto e studiato all'Università di Padova.
COPERTURE
L'altra variabile fondamentale per questo lasciapassare, inutile negarlo, è stata il denaro. La controparte chiedeva una garanzia bancaria di 800mila euro (questa la cifra richiesta da Abdallah per il presunto risarcimento) per concedere il rilascio. Soldi che la famiglia Zennaro è riuscita a racimolare e che, con l'aiuto della Farnesina, ha fatto arrivare in Sudan in tempo per l'udienza di ieri.
Davide Tamiello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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