«Li ha uccisi Giosuè, merita l'ergastolo»

Sabato 21 Ottobre 2017
«Li ha uccisi Giosuè, merita l'ergastolo»
IL PROCESSO
UDINE La voce del pm Pier Umberto Vallerin ritrova la sua usuale pacatezza quando in aula risuona la parola ergastolo. È la condanna al massimo della pena, con l'inasprimento dell'isolamento diurno per due anni, che chiede al termine di due giorni di requisitoria che hanno impegnato la Corte d'assise di Udine per oltre 11 ore. Giosuè Ruotolo, 28 anni, ex caporal maggiore di Somma Vesuviana imputato di duplice omicidio premeditato, detenzione illegale e porto in luogo pubblico di una vecchia Beretta 7,65 modello 1922 (brevetto 1915/18), sembra distaccato, come se la terribile ricostruzione fatta dal Pm non lo riguardasse. È convinto di essere prigioniero di una «storia allucinante» e che tutto si sistemerà. Le guardie lo portano via, lui abbozza un sorriso indecifrabile che non sfugge alle famiglie di Trifone Ragone (28 anni) e Teresa Costanza (30), il caporal maggiore di Adelfia e la broker assicurativa milanese uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del palasport di Pordenone. Chi ha teso l'agguato ha scaricato sei colpi di pistola che in molti hanno sentito scambiando gli spari per petardi. Un'azione senza testimoni, una fuga fino al vicino parco di San Valentino, dove sei dopo mesi verrà ritrovata la pistola e Ruotolo, intercettato dalle telecamere alla guida della sua Audi A3, diventerà il principale sospettato.
«BUGIARDO»
Da un anno e mezzo Ruotolo è in misura cautelare nel carcere di Belluno. Il pm Vallerin lo ha definito un «bugiardo patologico con un'attitudine a inventare le cose fino a negarne l'evidenza. Forte della perizia tecnica con cui gli ingegneri Giuseppe Monfreda e Paolo Reale ricostruiscono i movimenti dell'Audi A3 la sera del delitto, collocandola nel parcheggio quando i fidanzati vengono uccisi, la Procura si è concentrata più a lungo sul movente. «Giosuè - afferma Vallerin - ha ucciso per salvare la sua carriera nella Guardia di finanza». Figlio di una terra con il 51% di disoccupazione, secondo il Pm avrebbe ucciso per «salvare il posto fisso». Il suo futuro rischiava di essere stravolto dalla denuncia che Ragone minacciava di presentare per via di un profilo Facebook falso creato nella caserma dei carristi di Cordenons, dove i due commilitoni prestavano servizio. Lo aveva chiamato Anonimo Anonimo. Tra giugno e luglio 2014 fu usato per inviare messaggi a Teresa, informandola sui presunti tradimenti del compagno. Il fidanzamento vacilla, Ragone rischia di perdere la donna che ha deciso di sposare e comincia la caccia allo stalker. «Prima gli do mazzate - dirà ai commilitoni - poi lo denuncio». Ruotolo viene scoperto, nega tutto e con la fidanzata Mariarosaria Patrone organizza quella che la Procura definisce una «sceneggiata napoletana» per ottenere il perdono di Ragone.
Con i 472 messaggi deliranti scambiati con la fidanzata tra il 24 novembre 2014 e cessati dopo il delitto, tenta di far passare la ragazza per folle e incolparla del pasticcio creato da Anonimo. «La Mariarosaria malata, che fingeva di essere in coma o addirittura morta, sarebbe stata non imputabile - spiega il Pm - e lui non avrebbe rischiato il posto di lavoro». Quello che Ruotolo non prevede è la reazione di Ragone: il gigante buono che sdrammatizza sempre tutto, stavolta non lascia correre e lo umilia picchiandolo. È in quel momento, secondo l'accusa, che il 28enne di Somma Vesuviana perderebbe ogni freno inibitore e organizzerebbe la vendetta. «L'odio verso Trifone e la gelosia verso Teresa lo avevano assalito da tempo - dice Vallerin - I fidanzati rappresentavano una minaccia vivente. Eliminandoli sparivano due rivali e il suo futuro sarebbe tornato roseo».
La Procura contesta anche l'aggravante della premeditazione, pianificazione che colloca tra novembre, epoca del pestaggio, e il 17 marzo. «Il delitto - secondo l'accusa - comincia a delinearsi quando l'imputato capisce che l'ingresso in Finanza è a rischio. Lui stesso ci indica il movente, lo fa quando sostiene di aver taciuto la sua presenza al palasport la sera del delitto per non attirare l'attenzione degli inquirenti e non pregiudicare la carriera». Ruotolo si sarebbe procurato una pistola che, per le sue caratteristiche, è difficilmente rintracciabile. Avrebbe deciso di colpire in palestra, quando i fidanzati erano insieme, e avrebbe studiato il percorso di fuga. «Individua il laghetto di San Valentino per disfarsi dell'arma - continua il Pm - e la sera del 16 marzo, vigilia del delitto, fa un sopralluogo». Seguiranno mesi fatti di silenzi, falsi alibi, computer ripuliti da ricerche ingombranti come cerco arma . Le indagini si scontreranno anche con i depistaggi di Mariarosaria, che alle amiche convocate dai carabinieri chiederà di tacere sul falso profilo Facebook costato la vita a Teresa e Trifone.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci