LE REAZIONI
VENEZIA Green pass: venerdì nei luoghi di lavoro è andata

Domenica 17 Ottobre 2021
LE REAZIONI
VENEZIA Green pass: venerdì nei luoghi di lavoro è andata bene anche grazie ai controlli a campione e all'aiuto concreto di molti piccoli imprenditori, che hanno pagato di tasca loro i tamponi, anche se nell'area tra Treviso e Padova si sarebbe riscontrato un aumento di malati nelle fabbriche dal 3 all'8%. Ma per molti il vero banco di prova sarà domani. Per la Cgia di Mestre potrebbero rimanere a casa 300mila lavoratori del Nordest. Esagerazioni? «Di sicuro inizieremo a capire se l'ondata di malattie che sembra aver colpito nel pubblico si manifesterà anche nel privato - spiega Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia-Rovigo -. Tra le nostre imprese abbiamo rilevato poche defezioni venerdì, ma non ci nascondiamo che dalla prossima settimana le criticità potrebbero aumentare». «È vero, alcuni imprenditori sono intervenuti pagando i tamponi ai lavoratori, soprattutto per le figure chiave - commenta William Beozzo, presidente di Confapi Veneto, 42mila addetti in totale -. Io rimango ottimista: la maggior parte dei nostri addetti sono vaccinati, direi oltre l'80%. E altri si vaccineranno. Poi ci sono le intese e le convenzioni con le farmacie che ci faranno andare avanti per qualche settimana, anche se c'è l'incognita delle disponibilità per le analisi». «Tra i dipendenti artigiani del Padovano i non vaccinati sono intorno al 5-10% e credo che questa percentuale possa essere quella di tutta la regione. In certi settori, come l'assistenza alla persona e del benessere, venerdì non ci sono state defezioni - spiega Roberto Boschetto, leader di Confartigianato Veneto -. Nel meccanico o nella moda, i miei colleghi si sono arrangiati spesso pagando il tampone a questi no vax. Un artigiano non può stare senza certe figure. Ci si può giostrare, qualche permesso, ferie, far fare più straordinari, ma a lungo andare sarà dura. Anche perché si rischia di affrontare costi consistenti. E alcuni cantieri sono impossibili da controllare». «Venerdì tutti i miei 40 addetti avevano il green pass - spiega Massimiliano Galante che guida un'impresa metalmeccanica del Veneziano -. E anche per i camionisti in entrata nessun problema, almeno per ora. Quello che contesto è che hanno scaricato l'onere del controllo su di noi, anche se ci hanno permesso di farli a campione. E poi non capisco la linea dura di Confindustria, che non tiene conto delle piccole imprese: una grande azienda può gestire le assenze, le nostre no». «Gli impiegati sono tutti vaccinati, ma tra i miei 150 operai il 10% è contrario, soprattutto gli stranieri - evidenzia il trevigiano Renzo Scandiuzzi, imprenditore metalmeccanico -. Noi non possiamo pagare i tamponi e per ora nei controlli a campione non ci sono stati problemi. Ma se si metteranno tutti in malattia o assenti per noi saranno guai: non si trova manodopera, dura continuare la produzione». Nel commercio per ora tutto liscio. «Credo che i non vaccinati nel nostro gruppo siano il 10% dei mille addetti totali - avverte il dirigente della Sme Girolamo Carrer -. Noi non abbiamo fornito nessun tipo di contributo e tutti si sono presentati venerdì col green pass. Qualcuno si è preso qualche giorno di ferie o permessi, ma presto non potrà più aggirare il problema».
LA SITUAZIONE IN FVG
In Friuli Venezia Giulia, assicura il segretario della Cgil Villiam Pezzetta, «l'impatto del Green pass sul mondo del lavoro è stato nettamente inferiore rispetto alle più fosche previsioni». Sarà certamente vero. Ma è altrettanto vero che le aziende, nell'ombra, si stanno muovendo verso una direzione che le associazioni datoriali avevano osteggiato: i tamponi pagati ai dipendenti, o almeno una parziale contribuzione rispetto al costo dei test. Legno-arredo e metalmeccanica, ecco i settori che in Friuli Venezia Giulia sembrano dirigersi sempre di più verso la soluzione indicata già da settimane dai sindacati. Si calcola che - a macchia di leopardo - siano circa il 30% i titolari che hanno già scelto in qualche modo di venire incontro ai lavoratori non immunizzati. E ci sono anche esempi celebri. Il primo è quello dell'Abs, colosso delle acciaierie di Pozzuolo (Udine): tamponi pagati, altrimenti sarebbero stati dolori. Stessa soluzione, anche se a tempo determinato, alla Lima Corporate di San Daniele (sempre Udine), azienda leader nel mondo delle protesi. Alla Moroso (arredamento di design) di Tavagnacco (Udine), soluzione diversa: auto aziendale messa a disposizione dei dipendenti per raggiungere il medico convenzionato a San Daniele. Un aiuto logistico, in questo caso. Altri giganti, invece, fanno muro: Danieli ed Electrolux, quindi Buttrio e Porcia, non vogliono nemmeno sentir nominare i tamponi pagati. «Continueremo a cercare accordi azienda per azienda - ha spiegato Villiam Pezzetta, leader regionale della Cgil -, le richieste sono molte e altrettante sono già andate a buon fine». Senza calcolare il caso-limite del porto di Trieste, dove il pagamento dei tamponi ai no-vax è stato usato come leva per evitare lo sciopero e il blocco dello scalo.
Se il mondo del commercio in senso stretto (i negozi) sembra orientato verso la linea dura, non si può dire lo stesso della ristorazione e dell'universo dei bar. Lo chef Carlo Nappo, titolare di due ristoranti nel Pordenonese, ha confermato la sua scelta: «Pago io i tamponi ai dipendenti non vaccinati. Faccio quello che dovrebbe fare lo Stato». Le associazioni di categoria calcolano che in questo settore le percentuali riferite ai titolari che sovvenzionano i test siano superiori al 30% in tutto il Friuli Venezia Giulia, con picchi del 40-50% in provincia di Trieste, l'area con meno vaccinati della regione rispetto alla popolazione complessiva.
Marco Agrusti
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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