LE CURE
VENEZIA I nomi sono pressoché impronunciabili, ma le aspettative

Domenica 29 Marzo 2020
LE CURE
VENEZIA I nomi sono pressoché impronunciabili, ma le aspettative sono decisamente alte. Pur senza voler diffondere facili illusioni, e con tutta la cautela dovuta alle sperimentazioni cliniche, nel trattamento del Covid-19 l'Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera al test di nuove molecole e all'utilizzo di medicinali finora utilizzati per curare altre patologie. In attesa del vaccino, su cui sono in corso 44 progetti di ricerca in tutto il mondo, l'Aifa cerca dunque di potenziare l'armamento terapeutico a disposizione dei medici nel combattere la guerra contro un nemico insidioso e invisibile qual è il Coronavirus.
A CARICO PUBBLICO
Mutuando l'esempio della Cina, sono stati autorizzati anche in Italia (e di conseguenza pure a Nordest) i farmaci anti-malaria a base di Clorochina e Idrossiclorochina, i quali saranno a totale carico del servizio sanitario nazionale per il trattamento dell'infezione dal virus. Per lo stesso uso sono state inoltre consentite le combinazioni di medicinali anti-Aids quali Lopinavir /Ritonavir, nonché Danuravir/ Cobicistat, pure questi con esborso pubblico.
Nel frattempo proseguono, anche in alcuni ospedali del Veneto a cominciare da quello di Padova, gli studi clinici approvati sempre dall'Aifa con l'impiego di molecole che fino a un mese fa si erano rivelate efficaci contro altre malattie. È il caso del Tolicizumab, l'anticorpo monoclonale usato per l'artrite reumatoide, e del Favipiravir, l'antinfluenzale giapponese diventato famoso nell'opinione pubblica con il nome commerciale di Avigan.
Al momento le terapie indicate dall'Organizzazione mondiale della sanità come le più promettenti sono comunque quelle a base di Remdesivir, l'antivirale sviluppato per contrastare la malattia causata dal virus Ebola, e come detto il mix Lopinavir/Ritonavir, prescrivibile ora anche dai medici di famiglia per la cura dei malati a domicilio. Tutta chimica a cui si aggiunge poi la trasfusione del plasma dei soggetti ormai guariti, ricco di anticorpi già pronti, nei pazienti ancora ammalati.
IL DIBATTITO
Sulla materia il dibattito si infiamma, come emerge dall'editoriale firmato su Scienza in rete dai professori Enrico Bucci (Temple University di Philadelphia), Gilberto Corbellin (Università La Sapienza di Roma) e Michele De Luca (Università di Modena e Reggio Emilia), a proposito dell'Avigan spinto a furor di popolo attraverso i social. «Gli scienziati e l'Aifa stessa scrivono i tre docenti, ricordando le tappe della vicenda intervengono per cercare di smontare l'entusiasmo serpeggiante, facendo notare che si tratta di un farmaco già noto, non autorizzato né in Europa né negli Usa, di cui non esistono dati convincenti relativi alla sua efficacia e sicurezza, tanto che i virologi italiani lo avevano escluso per concentrarsi su sperimentazioni con altri farmaci molto più promettenti. In un Paese normale la questione sarebbe finita qui. Ma l'Italia, evidentemente non è un Paese normale e ancora una volta la politica interviene a gamba tesa sulle istituzioni per imporre decisioni scientifiche prese per acclamazione via whatsapp da una giuria popolare senza nessuna competenza in materia».
Prudente è anche il farmacologo Silvio Garattini: «Per ora dobbiamo utilizzare le molecole disponibili in una condizione di emergenza, in attesa che le sperimentazioni provino ciò che è più indicato ed efficace».
A.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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