LE CARTE
ROMA «Sta storia mi è già costata 30mila euro»,

Venerdì 19 Aprile 2019
LE CARTE
ROMA «Sta storia mi è già costata 30mila euro», così Francesco Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia, uno dei sette professori ai quali Matteo Salvini si è rivolto per stilare il programma di governo della Lega, la scorsa estate parlava con il figlio. Il riferimento, per i pm, è ai soldi che avrebbe dovuto pagare a Corrado Siri e qualche tempo dopo il sottosegretario del Carroccio si sarebbe preoccupato di come giustificare la posta nelle scritture contabili. Ma c'è di più nell'inchiesta che vede indagato Siri per corruzione: Arata, per la procura di Palermo è un prestanome di Vito Nicastri, «imprenditore pregiudicato e spregiudicato» arrestato ieri e sotto processo con l'ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa per avere finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro. Ed è per le società collegate a Nicastri che il sottosegretario Corrado Siri si sarebbe speso «con un'incessante attività» in cambio della promessa, o della dazione della mazzetta da parte di Arata, «suo sponsor per la nomina a sottosegretario». In tutti i modi avrebbe cercato di garantire incentivi di Stato alla aziende riconducibili al presunto boss, intervenendo anche sugli altri ministeri. A metterlo nei guai le intercettazioni e pedinamenti degli uomini della Dia. Agli atti ci sono anche gli emendamenti che il sottosegretario alle Infrastrutture, da ieri senza deleghe, avrebbe tentato invano di far passare, «vendendo così la sua funzione» a vantaggio di quello che la procura di Palermo definisce «Un reticolo di società tutte operanti nel mercato delle energie rinnovabili facenti capo solo formalmente alla famiglia Arata ma di fatto partecipate occultamente da Nicastri, vero regista delle strategie imprenditoriali e considerato da arata la persona più brava dell'eolico in Italia».
LA CORRUZIONE
Da senatore e sottosegretario «avrebbe asservito la sua funzione a interessi privati». Se i soldi siano arrivati nelle tasche di Siri non è chiaro, per l'ipotesi di corruzione, conta poco. Basta la promessa. Così, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi, che ieri hanno disposto le perquisizioni nelle quattro società di Arata e nella sua casa di Genova, fanno riferimento a «uno stabile accordo tra il corruttore Paolo Arata, imprenditore nel settore eolico con significativi investimenti in Sicilia e con trascorsa attività politica e molteplici relazioni ancora in atto con i massimi livelli istituzionali, e il sottosegretario Siri, di cui Arata è stato anche sponsor per la nomina, proprio in ragione delle relazioni intrattenute». Arata, spiegano i pm, «attraverso la sua azione diretta nella qualità di alto rappresentante del governo e ascoltato membro della maggioranza parlamentare» avrebbe proposto e concordato con i ruoli apicali dei ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico» l'inserimento di provvedimenti di competenza governativa che contenevano norme ad hoc «per favorire gli interessi economici di Arata ampliando a suo favore gli incentivi per l'energia elettrica da fonte rinnovabile».
GLI EMENDAMENTI
Un emendamento alla legge di Bilancio, mandato dalla segreteria di Siri al senatore leghista Massimiliano Romeo, il capogruppo che avrebbe dovut sottoscriverlo nel corso dell'iter a Palazzo Madama del ddl Bilancio e un'altra bozza trasmessa al capo di Gabinetto del ministero per le Attività produttive. Entrambi proponevano di modificare i criteri di incentivi alle imprese dell'energia alternativa retrodatandoli. Il primo prevedeva che gli incentivi fossero riservati alle aziede nde che sono entrate in esercizio «al 30 settembre 2017 e documentino di aver inviato la comunicazione di fine lavori al competente gestore di rete entro il 30 giugno 2017». Era tra quelli prioritari targati Lega ma poi è stato stralciato in fase di scrematura. Per conoscenza, Romeo aveva mandato al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, il quale lo aveva bocciato sostenendo che la proposta avvantaggiasse i privati, facendo aumentare le bollette. Il secondo, dello scorso luglio, estendeva gli incentivi anche agli «impianti entrati in esercizio entro i dodici mesi dal decreto ministeriale del 23 giugno 2016». Un testo bocciato dal ministero di Di Maio dopo una breve istruttoria.
Valentina Errante
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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